Arabia Saudita, basta ingressi separati nei ristoranti

Cade un altro tabù. Ma non è chiaro se uomini e donne potranno sedersi allo stesso tavolo

Arabia Saudita, basta ingressi separati nei ristoranti

Beirut Donne al volante, fine della segregazione nei ristoranti, dell'obbligo del «guardiano» per i viaggi all'estero, apertura al turismo, allo sport con la Parigi-Dakar nei deserti arabici, il match per il titolo mondiale dei pesi massimi e la Supercoppa Lazio-Juve. In Arabia Saudita è in atto una rivoluzione che qualche anno fa sarebbe sembrata impensabile. Da quando Mohammed bin Salman è stato nominato principe ereditario nel 2017, ha attuato una serie di riforme dei costumi per spazzare via gli aspetti più ultraconservatori del Paese. Le aperture hanno ricevuto elogi dalla comunità internazionale ma sono state anche accompagnate da un'ondata di repressione del dissenso politico.

Ieri un altro tabù è caduto. Aboliti gli ingressi separati per uomini e donne nei ristoranti. Servivano soprattutto a evitare «incontri promiscui». Non è però ancora chiaro se uomini e donne potranno sedere agli stessi tavoli all'interno dei ristoranti. E la misura non è obbligatoria, quindi potrebbe esserci qualche ristoratore che preferirà mantenere la rigida separazione. È vero che negli ultimi anni molti ristoranti, caffè, sale per concerti e centri congressi, hanno iniziato a chiudere un occhio sulla segregazione di genere. Ora però arriva una legge ufficiale.

È l'ultima di una lunga serie. All'inizio di quest'anno, un decreto reale ha permesso alle donne saudite di viaggiare all'estero senza il permesso di un tutore maschio, padre, fratello o marito, e nel 2018 il regno ha posto fine al divieto di guidare. Oggi non è raro vedere saudite con il velo sui capelli al volante nel traffico di Riad. Ma attiviste per i diritti delle donne si lamentano che rimangono in vigore ancora molte leggi discriminatorie e molte di loro sono state arrestate.

La modernizzazione dei costumi fa parte di un ambizioso piano del principe chiamato Vision 2030. Il progetto ha come obiettivo rendere l'Arabia Saudita indipendente dal petrolio entro il 2030 e di riformare gli aspetti più conservatori del Paese. Un'altra riforma in tal senso è stata anche l'apertura del regno al turismo. Ora i cittadini di 49 Paesi del mondo possono ottenere un visto turistico per visitare il Paese. La misura è stata definita un «momento storico». Finora l'Arabia Saudita aveva concesso visti turistici solo per i pellegrinaggi religiosi a La Mecca e a Medina, e per viaggi d'affari.

Dai primi di dicembre si possono ammirare le montagne di un rosso intenso del deserto, i resti di civiltà preislamiche e le tombe nabatee scavate nella roccia del sito archeologico di Al Ula. E ancora le bellezze sul Mar Rosso e la vivace città di Gedda, con il suo suk e i palazzi antichi. E non sarà più obbligatorio per le donne straniere che visitano il regno indossare l'abito tradizionale nero che copre tutto il corpo, l'abaya. Ma le novità non sono finite. Lo scorso sabato si sono confrontati sul ring della Diriyah Arena il britannico Anthony Joshua e lo statunitense di origine messicana Andy Ruiz. E Joshua ha riconquistato il titolo mondiali dei pesi massimi. Il 5 gennaio invece prenderà il via da Gedda la 42esima edizione della Parigi-Dakar. Per la prima volta si correrà in Arabia Saudita. Le macchine attraverseranno deserti sabbiosi e wadi spettacolari per chiudere nel sito archeologico di Qiddiyah, vicino a Riad, il 17 gennaio. E il 22 dicembre si giocherà a Riad la finale della Supercoppa fra Lazio e Juve.

Ma il regno deve affrontare anche diversi problemi di immagine che incrinano la sua rispettabilità internazionale. Tra questi la estenuante guerra in Yemen, gli arresti arbitrari e l'omicidio nel 2018 ddel giornalista saudita del Washington Post Jamal Khashoggi nel consolato del regno a Istanbul.

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