D al 2015 i governi italianhanno dato via libera alla vendita di materiale bellico ai turchi per 890 milioni. Nei primi sei mesi di quest'anno abbiamo esportato verso Ankara 46 milioni in armi e munizioni. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio l'ha sparata grossa ipotizzando di bloccare non solo i contratti futuri, ma pure quelli in essere con la Turchia. Il grosso delle forniture riguarda Leonardo, il colosso italiano della Difesa, che ha come maggiore azionista il ministero dell'Economia. L'azienda di Stato collabora con i turchi in vari settori dallo sviluppo dei satelliti di osservazione, elicotteri simili a quelli d'attacco Mangusta, sensori e cannoni della Marina e sistemi di comunicazione sicuri. I turchi producono anche la pistola Beretta 92 F su licenza della società italiana.
«Uno stop sulle armi ad un paese della Nato è molto difficile se non paradossale essendo un alleato», spiega Gianandrea Gaiani, direttore della rivista Analisi Difesa. Non solo: tutte le autorizzazioni all'export bellico vengono vagliate dall'Uama, un ufficio del ministero degli Esteri. Per non parlare del via libera della Presidenza del Consiglio e dell'avallo del Parlamento su tutte le esportazioni di armamenti. Si potranno interrompere le nuove autorizzazioni, ma risulta complicato se non impossibile bloccare quelle già in essere. Quest'anno è già partito per la Turchia materiale bellico per 46 milioni. «In gran parte (oltre 39 milioni) si tratta di armi e munizionamento militare prodotti nella provincia di Roma, ma figurano anche quasi 5 milioni dalla provincia di Brescia, soprattutto di componenti come canne e caricatori (3,7 milioni)», secondo Giorgio Beretta, dell'Osservatorio sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa. Nel 2018 l'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento della Farnesina ha concesso 70 autorizzazioni di esportazione in Turchia per 360 milioni. «Non solo ci facciamo autorizzare dal ministero degli Esteri la vendita, ma pure la negoziazione iniziale dei contratti sugli armamenti», spiega una fonte del Giornale.
Leonardo ha un ufficio ad Ankara e opera nel paese da quarant'anni attraverso la partecipazione a progetti civili e militari. L'elicottero T129 viene prodotto in Turchia e sarebbe già stato utilizzato contro i curdi nella sacca di Afrin. Il programma per aerei da pattugliamento costiero Meltem 3 e i sensori elettro ottici per la Marina sono altre collaborazioni con Leonardo, che continua a inviare le sub forniture necessarie. Il colosso italiano occupa anche un ruolo da protagonista nel mercato spaziale. Le capacità di Telespazio (joint venture 67% Leonardo e 33% Thales) sono rappresentate dal satellite Göktürk1 dell'omonimo programma del Ministero della Difesa turco per l'osservazione della Terra. Per assurdo ritireremo appena in novembre la batteria antimissile italiana nel sud ovest del paese, che fa parte dello scudo Nato garantito alla Turchia proprio per il conflitto in Siria. L'obiettivo era vendere le batterie Aster Sampt ai turchi, che poi hanno scelto un sistema di difesa russo. L'export bellico italiano verso Ankara è già diminuito dalle 70 autorizzazioni del 2018 alle 57 di quest'anno. Alla Turchia abbiamo comunque venduto di tutto: munizioni, bombe, missili, siluri, elicotteri, aerei. E assieme ai turchi partecipiamo a commesse internazionali. Leonardo è un fornitore di Turkish Aerospace per 30 elicotteri T129 al Pakistan.
Ieri il premier Conte è intervenuto annunciando l'intenzione di telefonare personalmente a Erdogan, mentre il segretario del Pd Zingaretti è andato oltre: «Si valuti se schierare forze di interposizione al confine Turchia-Siria. E se le ostilità non dovessero cessare, l'impegno italiano nella missione Nato Active fence deve esaurirsi».
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