Ricatto alla Juventus: "Gli ultras possono distruggere il club"

Arrestati dieci boss della curva: tra loro Dino Mocciola, leader dei Drughi. La minaccia: "Dateci i biglietti o facciamo i cori razzisti". L'esposto della società

Ricatto alla Juventus: "Gli ultras possono distruggere il club"

«La Curva Sud è morta». Lo striscione appare ieri pomeriggio davanti all'Allianz, lo stadio della Juve. E verrebbe da dire: magari. Perché le carte dell'inchiesta che ha spedito in galera sei capi della Curva bianconera, e altri quattro ai domiciliari, raccontano di come sulla curva della Juventus regnassero, come monarchi assoluti, dei delinquenti. Gente come Geraldo Mocciola, un ex poliziotto che nel 1989 assalta insieme a due carabinieri un furgone postale: e ci rimette la vittima un povero carabiniere di scorta. Mocciola catturato, si fa la galera (poca) e quando esce diventa il capo indiscusso dei Drughi, il club leader della Curva Sud. Una Curva dove tifo, affari e delitti si incrociano sotto la regia della malavita organizzata.

Per anni la Juventus ha subito i ricatti degli ultrà, li ha coccolati e accontentati. Ma un anno e mezzo fa, ha trovato la forza di dire di no. E di denunciare tutti. Il 19 giugno 2018 un dirigente bianconero bussa alla Digos di Torino. É Alberto Pairetto, figlio dell'arbitro, Slo (cioè supporter liaison officer) del club degli Agnelli. É lui a denunciare i capi ultrà. Al primo incontro in questura, ne seguono altri quattro. Partono le intercettazioni della Digos, gli incontri tra Pairetto e i capicurva vengono intercettati in diretta. Ieri, su richiesta della Procura torinese, scattano gli arresti. Associazione a delinquere, estorsione, minacce, violenza privata: accuse che riassumono in cento pagine il potere assoluto dei Drughi e dei loro alleati sull'Allianz Stadium. Sulla curva dove nemmeno gli steward potevano entrare, e dove persino i baristi venivano taglieggiati.

Il rapporto di sudditanza della Juve verso gli ultrà lo spiega bene Pairetto in un verbale: «Questi ultras hanno dei mezzi che possono distruggere la squadra, possono creare dei danni di immagine, possono fare un danneggiamento economico, cosa che poi quest'anno hanno manifestato più volte. Io mi sentivo in una situazione di coazione psicologica (...) non ci trovavamo di fronte non a dei tifosi normali ma a dei delinquenti pericolosi».

La pretesa degli ultras è sempre la stessa: biglietti, biglietti, biglietti, per tenere sotto controllo la curva e soprattutto farci sopra la cresta, rivendendoli. La Juve li ha abituati male, per decenni. Due anni fa scatta l'inchiesta «Alto Piemonte», i legami tra curva bianconera e criminalità organizzata diventano pubblici. La Juventus decide di darci un taglio. E parte la reazione dei Drughi, dei Viking, dei Nab, la grande alleanza che regna sulla Sud. «Bisogna tornare ai vecchi sistemi», dicono. E visto che la Juve resiste partono le ritorsioni: sciopero del tifo, fumogeni, cori razzisti fatti apposta per fare piovere sanzioni sulla società.

Le campagne «ufficiali» della Curva, come quella contro il ritorno in squadra di Bonucci o la protesta per il caro biglietti, sono solo pretesti per ricattare i vertici. «Agnelli giudeo», «nella Juve che vorrei prezzi onesti e meno ebrei»: le scritte fioriscono intorno all'Allianz. A marzo di quest'anno, in vista della trasferta di Champions ad Amsterdam, la cricca della curva torna a pretendere valanghe di biglietti, Pairetto resiste, viene convocato ad un incontro davanti allo stadio con uno dei «colonnelli» di Mocciola, Mimmo Scarano. Un collaboratore di Pairetto registra tutto: «Puoi andare a dirglielo (ad Agnelli, ndr) che noi ci ricordiamo tutto di quando lui, D'Angelo e Marotta hanno incontrato la famiglia Dominello a Napoli (...) ricordati che quelli che sono in carcere non vedono l'ora di confermare quello che noi diremo».

Sì poteva reagire prima? Agli atti c'è la dichiarazione di Alessandro D'Angelo, security manager bianconero: «Ho ritenuto che la mediazione con il tifo organizzato, nell'ambito del quale mi erano note aggressioni anche con armi, minacce ed altro, fosse comunque una soluzione buona per tutti (...) non ho avuto mai il coraggio personale di trovare altre soluzioni per fronteggiare i tifosi di quel genere». Nell'ordinanza di custodia, insieme a quelli di Mocciola e dei suoi gregari, compaiono i nomi di altri capi storici della curva: come Loris Grancini, attualmente in carcere per tentato omicidio, e Giuseppe Franzo, vecchio leader che fa da mediatore tra la società e i giovani leoni della Sud. A lui Pairetto si rivolge spesso, ma senza risultati: la Curva ormai è fuori controllo, a comandare è gente ormai temuta anche dagli altri tifosi, i «pinguini», che devono obbedire ai suoi ordini: si tifa solo quando decidono loro, altrimenti seduti «come a teatro». Anche l'arrivo di Cristiano Ronaldo viene boicottato, per mandare un altro messaggio a Andrea Agnelli e ai suoi. È gente che sa dove colpire: quando Pairetto annuncia il taglio degli ingressi ai portatori di striscione, Salvatore Cava (anche lu arrestato ieri) gli spiega a brutto muso: «a queste condizioni qua non ci stiamo, ve l'andate a prender in culo e l'andate a pagare questa cosa.

Non scherzate troppo se siete quotati in Borsa». Che non ci sia da scherzare, lo fanno capire anche le parole di ieri del prefetto, preoccupato per la partita di sabato allo Stadium contro il Verona: «L'incontro era a rischio, ora non possiamo escludere reazioni».

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