Assad o l'Isis? L'Occidente in crisi d'identità

L'unico punto su cui tutti concordano è sconfiggere i combattenti islamici

Bashar al-Assad parla a Damasco
Bashar al-Assad parla a Damasco

Delicato, complesso, pericoloso: questo è lo stato di cose oggi in Medio Oriente. Assad o l'Isis? Se lo si chiede ai siriani che si avventurano sui disperati barconi, si trema pensando che adesso Assad quasi di sicuro resterà al potere e proseguirà nella guerra che conta già 240mila vittime. I sunniti e i cristiani fuggono con nuova frenesia, e gli sciiti abbandonano la loro terra conquistata dall'Isis.

Putin e Obama hanno idee diverse su come risolverla, ma Putin ha con grande decisione deciso di riempire il vuoto della politica cauta e intessuta di aspirazioni morali come quella enunciata da Obama all'Onu. Putin è stato molto esplicito: «È una guerra di prevenzione, se noi non li fermiamo ci assaliranno nelle nostre case». I fighters russi dunque hanno attaccato posizioni dei «ribelli siriani» poche ore dopo che Putin aveva ricevuto dal suo parlamento un voto unanime. Per Putin oltre al ruolo salvifico dall'Isis si prospetta il consolidamento della base di Latakia, un ottimo punto di influenza nell'area mediterranea, e forse Assad potrebbe nei mesi prossimi recedere dal potere ma lasciare ai suoi amici russi la possibilità di influenzare molto a lungo un'area decisiva. La Russia si avventura verso (...)

(...) un nuovo ruolo mondiale contro il nemico pubblico numero uno, l'Isis tagliagole, gli aerei russi attaccano i dintorni delle città di Homs e di Hama. Intanto anche la Francia è già al quarto giorni delle sue incursioni, e qui la spiegazione è legata anche agli attacchi che in rapida successioni uccisero a Parigi 17 persone solo a gennaio, inclusa la redazione di Charlie Hebdo , e certo giocano i rapporti intensi che la Francia ha con i paesi sunniti che si contrappongono al giocatore iraniano, molto presente ora sul terreno siriano. E sullo sfondo, la grande crisi europea causata dall'avvento sulle nostre spiagge dei milioni di disperati in fuga dalle zone della guerra terrorista di Assad e delle formazioni islamiste. Si apprende dalla stampa che hanno avuto luogo colloqui fra francesi e russi per evitare scontri aerei nei cieli siriani, e si può arguire, anche se il colloquio è rimasto segreto, che quando il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato Putin a Mosca, fosse presente alla mente di ambedue l'abbattimento di un aereo siriano di fabbricazione russa che aveva sforato nei cieli israeliani. Ma anche se l'Isis è il nemico le linee fra i buoni e i cattivi si stingono nel sangue e nell'opacità delle intenzioni.

L'America si è bloccata proprio sulla necessità, abbandonata da Putin, di combattere due fronti in guerra fra di loro, Assad e l'Isis. Putin ha scelto una parte sola, ma Assad è un tiranno odiato e genocida, e l'Iran che lo fiancheggia con gli hezbollah, non è un alleato stimabile. All'assemblea generale dell'Onu la contraddittorietà della situazione è stata subito messa in luce dal fatto che i due maggiori leader mondiali, Obama e Putin, motivassero la necessità di combattere l'Isis in modo tanto diverso, il primo ripetendo che Assad non può essere parte della soluzione, e il secondo invece mettendo chiaramente in conto che Assad è al momento un partner, ambedue comunque non facendo nessuna obiezione alla presenza nella lotta contro l'Isis di un compagno di strada davvero problematico come l'Iran.

Intanto: gli interventi russi e francesi possono senz'altro portare grave danno all'Isis, ma una sua completa distruzione richiede tempo: Alexander Konovalov, capo dell'istituto di Analisi strategiche di Mosca ha detto che la Russia, mossa dal desiderio di metter fine al suo isolamento diplomatico forse non valuta che «siamo andati in Afghanistan per sei mesi e ci siamo rimasti 10 anni». Inoltre gli Stati Uniti non nascondono la loro convinzione che Putin desideri più che battere l'Isis, tenere Assad al potere per garantire la tradizionale presenza russa in Medio Oriente.

Naturalmente questo spacca anche l'opinione pubblica europea in parte con Obama, in parte con Putin. E, dal mondo arabo: «È inconcepibile che ci sia una soluzione politica per la Siria se Assad rimane al potere» ha detto il ministro degli esteri saudita Adel al Jubeir, e ha sostenuto che c'è un'opposizione moderata che combatte Assad e che i sauditi, il Qatar, gli Emirati, la Giordania e il Bahrein sono tutti insieme. Insomma, per gli stati arabi sunniti è evidente che, oltre alla lotta all'Isis, la prima preoccupazione è l'espansione egemonica dell'Iran, che ha le sue forze in Libano, in Irak, in Yemen e in Siria. Qualche giorno fa il quotidiano libanese Al Akhbar ha parlato della nuova alleanza «4 più 1» dove i 4 sono la Russia, l'Iran, l'Irak e la Siria e il numero 5 è il gruppo degli hezbollah.

L'Iran che è ormai da tempo padrone a Baghdad, dove si dice abbia sede il cervello di questa nuova potente alleanza a sfondo sciita-alawita in Medio Oriente, vede qui un altro importante passo nella sua vertiginosa crescita egemonica post accordo. Insomma, i jet di Putin e di Hollande rombano su un Medio Oriente in grande subbuglio, e probabilmente non fermeranno la guerra sciita-sunnita in atto.

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