Assalto chavista al Parlamento Venezuela sull'orlo dell'abisso

Miliziani inviati dal regime terrorizzano i deputati. Intanto Maduro va dal Papa a parlare di pacificazione

Assalto chavista al Parlamento Venezuela sull'orlo dell'abisso

Scene da far-west quelle vissute l'altroieri nel Parlamento venezuelano, riunitosi in sessione straordinaria domenicale per denunciare l'ennesimo colpo di Stato contro la democrazia del chavismo che controlla ormai tutti i poteri, dal giudiziario all'elettorale passando per l'esecutivo e, soprattutto, la forza pubblica composta - oltre che da un esercito purgato in quasi vent'anni di regime da ogni elemento non «rivoluzionario» - da servizi segreti famigerati come il Sebin - che incarcera e tortura centinaia di oppositori politici - Guardia nazionale bolivariana e collettivi armati sino ai denti. Ultima trincea democratica rimasta e, sino all'altroieri, intoccabile era proprio il Parlamento, composto per oltre due terzi dagli esponenti dell'opposizione eletti nelle ultime votazioni libere del Venezuela. Questo, almeno, sino a domenica scorsa, quando un collettivo capeggiato dal sindaco chavista di Caracas, Jorge Rodriguez, vi ha fatto irruzione nel totale disinteresse delle forze dell'ordine. Una volta dentro i suoi sgherri hanno distrutto armi alla mano le telecamere di due televisioni private indipendenti Telecaribe e Globovision oltre a fare a pezzi un po' di tavoli e seggiole parlamentari. Poi, come sono arrivati se ne sono andati, nella più assoluta impunità: l'avvertimento all'opposizione era stato dato.

Alla base di questo increscioso episodio, la decisione presa qualche giorno prima dal Consiglio elettorale (Cne) chavista sino al midollo, ça va sans dire di annullare qualsiasi possibilità, come previsto dalla stessa Costituzione promulgata da Chávez, di indire un referendum entro il 10 gennaio 2017 per mandare a casa il presidente Nicolás Maduro, odiato dall'80% dei venezuelani a detta di tutti i sondaggi, e di promulgare nuove elezioni nel caso, scontato, di vittoria del Sì. Una decisione chiaramente anticostituzionale perché le firme raccolte sinora dall'opposizione erano già state tutte verificate mesi fa dallo stesso Cne, che aveva escluso dal computo quelle ritenute false. Per questo il Parlamento era riunito, per denunciare il golpe contro il referendum e, nel contempo, per aprire un processo politico contro Maduro e verificare se sia nato o meno in Venezuela per quanto incredibile, pare proprio sia nato in Colombia. Ma anche per denunciare all'Organizzazione degli Stati Americani la morte ufficiale della democrazia a Caracas e denunciare i membri del Cne, colpevoli di avere sotterrato definitivamente la possibilità che il Venezuela esca da una crisi tremenda in modo pacifico.

Già perché il Venezuela è ormai allo sbando ed affronta una crisi economico-sociale da almeno quattro anni, una situazione che non fa che peggiorare di mese in mese. I lavoratori non hanno di che mangiare, negli ospedali i neonati vengono sistemati in scatole di cartone, i malati non dispongono di farmaci salvavita non solo i poveri ma tutti, dai giornalisti ai vescovi, costretti sempre più sovente a lanciare strazianti appelli su Twitter gli stipendi in euro valgono assai meno di quelli della Cuba castrista e, nonostante abbia le maggiori riserve di petrolio al mondo, Caracas è ormai costretta ad importare greggio raffinato dagli Usa perché la compagnia statale Pdvsa è sul lastrico per la pessima gestione chavista.

Da quasi un anno, tuttavia, il Paese sudamericano vive anche una crisi istituzionale senza precedenti. Per la precisione da quando, il 6 dicembre del 2015, l'opposizione al regime ha stravinto le elezioni legislative con circa il 70 % dei voti, assicurandosi così una maggioranza in Parlamento di oltre due terzi. Da allora quella al legislativo è l'unica guerra che Maduro sembra davvero disposto a combattere: anche a costo di sprofondare il Venezuela in una guerra civile.

Sicché pare difficile che l'incontro avvenuto ieri sera in Vaticano tra l'erede di Chàvez e papa Francesco per «contribuire a risolvere le questioni aperte e creare maggiore fiducia tra le parti» possa sortire utili effetti.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica