Asse con Israele, spiraglio per i colloqui di pace

Il presidente ribadisce il legame tra ebrei e Gerusalemme. Ma apre al dialogo con i palestinesi

Asse con Israele, spiraglio per i colloqui di pace

Gerusalemme Sostegno incondizionato a Israele, promessa che l'Iran non avrà nessuna bomba atomica, apertura di un fronte antiterrorista comune col mondo arabo che porti a un nuovo tipo di processo di pace coi palestinesi. È valsa la pena per Benjamin Netanyahu di resistere con determinazione a otto anni di punizione da parte della presidenza Obama senza fare passi indietro: Trump ha rovesciato la posizione americana con una visita in Medio Oriente. L'opinione pubblica internazionale, l'Onu, l'Ue, erano stati plasmati dagli stilemi obamiani, quelli di un mondo islamico in cui la Fratellanza Musulmana è un alleato, mentre l'Arabia Saudita, l'Egitto e i Paesi del Golfo venivano messi da parte; in cui l'Iran era l'alleato strategico dell'Occidente; e soprattutto Israele veniva trasformato in uno stato paria.

Trump ieri prima che i tappeti rossi venissero riarrotolati e Air Force One riprendesse, enorme e azzurrino, il volo, ha tenuto al Museo d'Israele un discorso che ha esordito con il cordoglio per l'attentato di Manchester per avventurarsi di nuovo nel tema del terrorismo: è il grande nemico del mondo intero, senza nessuna differenza fra l'Inghilterra o il suo stesso Paese e Israele, e nemmeno il mondo islamico tormentato dal continuo bagno di sangue. La guerra contro l'Isis è comune, come deve esserla quella contro Hamas e gli Hezbollah. Inoltre, l'Iran ambizioso e violento trascina il mondo sciita verso la nuclearizzazione e un ruolo imperiale. Trump ha giurato sia a Ryiadh che in Israele che l'Iran non avrà la bomba. Lo sfondo strategico sul quale si costruisce il disegno della nuova amministrazione americana è quello di un'alleanza onnicomprensiva di tutti gli uomini di buona volontà contro le forze del male. C'è per Trump un mondo che ama la morte e che deve essere battuto.

«Not with D. J. Trump», ha detto il presidente, un'uscita fra John Wayne e Lawrence d'Arabia: l'unica licenza trumpiana. Per il resto ha usato toni da pacificatore e da statista: Israele, che si è sentito ripetere senza sosta che Gerusalemme non gli appartiene, ha goduto per la prima volta di una ricostruzione storica realistica. La Gerusalemme che Trump ha descritto con toni incantati è tornata ad essere la patria ideale, religiosa, storica di quattromila anni di storia del popolo ebraico. Nel discorso del presidente è stata disegnata per ciò che è, con le sue strade, con la gente di tutto il mondo che visita tranquilla e rispettata il Santo Sepolcro, le Moschee, il Muro del Pianto: una città dove le tre religioni possono finalmente vivere nel rispetto reciproco, nell'educazione pluralistica. La prospettiva di pace fra Israele e i Palestinesi non è stata disegnata nei particolari: è apparsa piuttosto come una prospettiva, un comma della generale guerra appena dichiarata contro il terrorismo.

Abu Mazen, che Trump ha incontrato durante la mattinata a Betlemme, è stato descritto come un leader che vuole la pace. E così Netanyahu.

Probabilmente i leader si sono promessi molte cose, molti accordi sono intercorsi di cui ancora non si sa: probabilmente Trump punta a ottenere una riapertura dei colloqui fra le due parti in cambio di facilitazioni economiche e di sicurezza, consolidando intanto lo sfondo del sostegno del mondo arabo sunnita al progetto generale.

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