È ormai noto che Rocco Casalino, come i teenager, ha un debole per i messaggi vocali di Whatsapp. Stavolta non si tratta però di un leak pilotato per far sapere che si prepara qualche epurazione di tecnici sgraditi, ma di uno sfogo nei giorni bollenti di Genova.
È il 17 agosto, Ponte Morandi è crollato da tre giorni, si contano ancora i morti e per l'indomani sono previsti i funerali di Stato di alcune delle vittime. Il telefono di Casalino è comprensibilmente bollente: è il portavoce del premier Conte, nonché capo dell'ufficio stampa di Palazzo Chigi, nonché - ufficiosamente - colui che accentra ogni potere sulla comunicazione dei Cinque Stelle, principale partito della maggioranza. Ovvio che tutti i giornalisti, nelle ore più febbrili di quella tragedia nazionale, lo cerchino per avere informazioni sulle prossime mosse, iniziative e prese di posizione del governo.
Ovvio, ma anche parecchio stressante. Col caldo afoso di agosto, oltretutto. Così lui ad un certo punto della giornata si secca e sbotta: «Basta». E, secondo le sue ormai note abitudini, incide sul telefonino un messaggio vocale e lo invia ad una decina di cronisti: «Basta, non mi stressate la vita. Io pure ho diritto a farmi magari un paio di giorni, che già mi è saltato Ferragosto, Santo Stefano, San Rocco e Santo Cristo. Mi chiamate come i pazzi, cioè, datevi una calmata, cioè», si accalora. Seguono indicazioni di comportamento: «Chiamate una volta, poi se mai mi mandate un messaggio e se ho qualcosa da dirvi ve la dico».
Niente di strano, è legittimo che lo stressato portavoce cerchi di regolare il traffico delle telefonate e si secchi a rispondere a tutti, anche se va detto che se la è un po' cercata: è lui che ci tiene a sottolineare ad ogni pie' sospinto il proprio ruolo centrale e imprescindibile e a ribadire che, in tema di comunicazione pentastellata e governativa «tutto passa attraverso di me» e nulla ha valore senza il suo imprimatur.
Quel che colpisce, se mai, è l'argomentazione usata: «Io pure c'ho diritto a farmi magari due giorni (sottinteso: di vacanza, ndr)», visto che «già mi è saltato Ferragosto, Santo Stefano, San Rocco e Santo Cristo». Ora, non sapremmo dire per San Rocco e Santo Cristo, se però Ferragosto gli è «saltato» non è stato per colpa dei giornalisti rompiscatole, ma perché a Genova ci son state più di 40 vittime sotto Ponte Morandi, e il governo Conte - volente o nolente - se ne è dovuto occupare. E di conseguenza anche il portavoce. Peraltro, passato il primo smarrimento, i partiti di governo - mentre Regione e Comune si occupano di fronteggiare l'emergenza - hanno deciso di cavalcare l'indignazione scatenando la caccia al «colpevole» e stanno mettendo sul banco degli imputati Autostrade e i governi precedenti, lanciando anatemi e minacciando terribili punizioni. Il tutto a poche ore dalla passerella con claque di vari membri dell'esecutivo alla cerimonia funebre di Genova. Che sul cellulare di Casalino arrivino molte richieste di chiarimenti e informazioni è dunque piuttosto normale.
E del resto era stato lui, quando venne fuori la notizia del suo lauto stipendio (quasi 170mila euro annui, circa 50mila più del presidente del Consiglio) a giustificarlo con vibrante indignazione: «Ho responsabilità enormi, nelle mie mani c'è la comunicazione di Palazzo Chigi. Dirigo una trentina di persone, sono reperibile giorno e notte, sette giorni su sette, lavoro 13-14 ore al giorno. Sempre». Ecco, appunto.
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