L'augurio è che il direttore e i giornalisti del Giornale possano morire di «cancro al cervello», che l'agonia si consumi in un letto d'ospedale e che la morte sia «lenta». Ma la minaccia ultima è di Bob Ray, un incappucciato digitale che vuole passare all'azione, perché «quando meno te lo aspetti le persone ti arrivano davanti e giro molto, te lo garantisco, mezzo uomo di merda». Sono solo alcune delle più ignobili intimidazioni rivolte al Giornale dopo la pubblicazione dell'inchiesta sulla Di.Bi. Tec, la società di Alessandro di Battista. La formula è sempre la solita: lo sputo di solidarietà sulla bacheca Facebook del leader del M5s e l'aggressione concentrata sui profili social dei cronisti. Non è una novità. Fin dal suo esordio, il M5s si è costituito sul vaffanculo come parola d'ordine, ma in passato si trattava della collera di un movimento di opposizione mentre oggi è l'avviso delle bastonate di un movimento che è governo. Maria Tummolo Romano auspica ai cronisti la morte per «soffocamento» perché nient'altro che «sputtani pennivendoli che continuano a sberciare nella merda». Anche Giacomo di Sarno vorrebbe preparare l'esecuzione per l'editore del Giornale e la redazione che «dovranno fare una brutta fine». Ma ancora più esplicito è Carmelo Zaccuri che servendosi dello stesso codice di Di Battista («Renzi ti ho fatto il culo») lo invita a continuare con i giornalisti: «Spaccagli il culo». Di sicuro c'è sempre la metafora fecale che è la pistola carica del troll del M5s. Laura Tabata digita: «Vi si stringe il buchetto. Ma manca poco e ritorna il guerriero».
E insomma è proprio per questa ragione che, alla fine, a stupire non sono più le insolenze contro i giornalisti ma il dileggio contro Di Battista. Passata la complicità dei fedeli, la bacheca del leader si è affollata di delusi. Felice Passerini lo definisce «il triglia» e gli consiglia di calmarsi, «scrivi una replica decente, in italiano comprensibile, e nel merito», mentre Alessandra Muraca gli ricorda che «sbraitavi come un pazzo contro i padri degli altri». Di ora in ora sono sempre più quelli che con il buonsenso e la mitezza mettono Di Battista di fronte alle sue responsabilità di membro della Di.Bi.Tec. Uno di questi è Mario Zaccardo: «Mi scusi dott. Di Battista, capisco le difficoltà dell'azienda e non discuto dei debiti che, per carità, in periodi difficili sono inevitabili. Ma mi permetta di chiederle, se è vero, che non avete presentato il bilancio 2017... quello si sarebbe un illecito. A quanto mi risulta, quand'anche ci fossero perdita, un'azienda è obbligata». Tra i commenti ci sono quelli di chi preferisce il reparto della fabbrica alla tenda del Sudamerica: «Di Battista, invece di provare a farci la morale dalle Americhe appollaiato su un'amaca, torna in Italia e paga i debiti della tua azienda. Dipendenti, fornitori e Fisco ti stanno aspettando. I piccoli imprenditori vanno avanti tirando la cinghia, non facendosi vacanze spesate dall'altra parte dell'Oceano». È quanto scrive Claudio Marzullo.
Lo condivide Andrea Ferrarila che aggiunge: «Scusa, sei socio di maggioranza di un'azienda che va malissimo, e prendi e vai via un anno lasciando tuo padre di 70 anni a cercare di risollevarla? E allo stesso tempo ogni giorno intervieni spiegando a Draghi di economia?». Insomma, non si può far altro che salutare Di Battista, e attenderlo, con le parole di Luigi Sambati: «Paga i dipendenti e non spendere soldi in vacanza».
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