Il 2 di novembre di 60 anni fa (1957), in Italia i cimiteri si riempivano di parenti amici e fiori, come di consueto.
Un giorno tranquillo per molti, trascorso nel ricordo dei propri cari.
In Unione Sovietica invece, il Cremlino era in fibrillazione.
La mattina dopo, alle 2,30, era previsto il lancio dello Sputnik 2, dopo il successo dello Sputnik 1, la prima sonda spaziale con cui i sovietici avevano preso in contropiede gli americani nella guerra fredda, di cui la corsa allo spazio era una componente di primo piano.
Nikita Khrushchev, in persona, obbliga il capo delle ricerche spaziali, Sergei Korolev, ad accelerare il programma per rendere omaggio al 40° anniversario della rivoluzione d'ottobre.
Korolev deve soddisfare le richieste del presidente che vuole, per il 3 novembre, un evento degno di glorificare l'anniversario. Sono diversi anni che i sovietici allenano cani e li spediscono in voli suborbitali da cui ritornano in cenere.
La scelta dei cani è dovuta, per loro sfortuna, alla proverbiale mansuetudine e fedeltà ai comandi.
C'è un cane che ha dato buone risposte durante il training nelle centrifughe.
Lo ha catturato facilmente per strada un accalappiacani che lo ha chiamato Kudrjavka (ricciolina), mentre per gli anglosassoni sarà Muttnik, una crasi tra Mutt (bastardino) e Sputnik. Per il mondo intero sarà Laika.
Dalle strade cittadine il piccolo incrocio di Husky bianco a chiazze marroni, «buono e fedele» (come scrissero i sovietici), si trovò ad affrontare i terribili esercizi imposti da Oleg Gazenko che coordinava l'addestramento dei cani destinati ai voli spaziali.
Costretta per settimane in una gabbia che non le consentiva alcun movimento, inchiodata a centrifughe che superavano i giri di una lavatrice, tre giorni prima, Laika fu scelta per quella rampa di lancio immersa nel ghiaccio del cosmodromo di Bayqoñyr, dalla quale il 3 novembre, come imposto dal Cremlino, si alzò lo Sputnik 2.
Allo stupore del mondo intero seguirono le proteste, soprattutto da parte degli inglesi che accusavano i sovietici di inutili torture su poveri animali raccolti dalla strada.
«I russi amano i cani - affermò un funzionario sovietico al Time -. Non lo abbiamo fatto per crudeltà, ma per il bene dell'umanità».
Per lo stesso «bene», prima dell'impresa di Yuri Gagarin immoleranno gran parte dei 36 cani lanciati nello spazio.
Per decenni i sovietici raccontarono, sulla sorte di Laika, un sacco di balle che facevano la pari con i «raffreddori» degli statisti moribondi.
Scrissero che Laika aveva tutti i supporti per sopravvivere alla missione e che era previsto il suo rientro integra.
Sapevano che era impossibile perché le batterie della sonda si sarebbero esaurite troppo presto. Della sua morte scrissero che fu «dolce», dopo diversi giorni dal lancio.
Oggi ancora non sappiamo la verità con certezza, ma è sicuro che, per sua fortuna, Ricciolina è morta da 20 minuti a un massimo di 4 ore dopo il lancio a causa del surriscaldamento e del blackout nel sistema di respirazione della capsula.
Oleg Gazenko, responsabile della missione, disse pochi anni prima della sua scomparsa, che provava rammarico per la morte della cagnolina e che si era trattato di un inutile sacrificio.
Dopo Laika i sovietici continuarono a inviare cani nello spazio, ma almeno
altre sette nazioni (USA, Francia, Giappone, Cina, Argentina e Iran) lanciarono cani, gatti, topi, scimmie, tartarughe e insetti, traendone, come unico dato certo, l'incontrovertibile arroganza del dominio umano sulla natura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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