È tornato in libertà Riccardo Menenti, l'assassino di Alessandro Polizzi, già condannato all'ergastolo per l'omicidio del giovane perugino e per quello tentato di Julia Tosti. Riccardo Menenti è uscito dal carcere di Terni il 10 gennaio scorso, come disposto dalla Corte d'Assise d'Appello di Firenze che aveva indicato questa data già nella sentenza emessa il 19 giugno dello scorso anno qualora non fosse intervenuta nel frattempo una sentenza definitiva. Ma nel frattempo non c'è stata altra pronuncia: dopo i ricorsi in Cassazione presentati dagli avvocati di Riccardo e Valerio Menenti, l'udienza deve essere ancora fissata. I suoi legali chiedono per lui il riconoscimento delle attenuanti generiche.
«Riccardo Menenti in sei anni e mezzo è stato un detenuto modello: ha studiato sostenendo esami universitari, ha lavorato, non ha mai ricevuto un rimprovero. Pentito già da tempo, è cambiato profondamente. Ora fuori dal carcere, vive con ansia l'attesa di un nuovo verdetto che potrebbe cambiargli notevolmente la vita» dice all'Adnkronos l'avvocato Giuseppe Tiraboschi, difensore di Riccardo Menenti. Il suo assistito, ricorda il legale, «è tornato in libertà da qualche giorno per decorrenza del termine della misura cautelare».
La sentenza dell'Appello-bis, celebrato a Firenze, ha confermato le condanne ma ha ridotto la pena (16 anni e mezzo) al figlio di Riccardo, Valerio Menenti, per concorso in omicidio. «Abbiamo presentato ricorso in Cassazione ma l'udienza non è stata ancora fissata - spiega Tiraboschi - Chiediamo per Riccardo il riconoscimento delle attenuanti generiche e quindi un diverso conteggio della pena». Che, ipoteticamente, potrebbe prevedere tra i 27 e i 30 anni. Comunque non sarebbe più ergastolo.
Tiraboschi punto il dito contro la sentenza di Firenze, a suo giudizio «labile, contraddittoria, striminzita»: il delitto «o è efferato o non lo è, non può esserlo a seconda dei casi se prendiamo in considerazione aggravanti e attenuanti.
Nonostante l'eliminazione delle aggravanti, è stato mantenuto l'isolamento diurno per 18 mesi. E comunque, a marzo fanno sette anni dalla vicenda, potevamo chiudere questo capitolo in Corte d'Assise a Firenze e invece no. Ora vedremo in Cassazione».
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