Bancarotta per papà Boschi Ecco il verbale che lo inchioda

Gli ex vertici di Etruria sotto inchiesta ad Arezzo Nel mirino la riunione in cui il padre del ministro approvò la super liquidazione del dg Bronchi

Bancarotta per papà Boschi Ecco il verbale che lo inchioda

«In caso di cessazione anticipata del rapporto di amministrazione (dimissioni, licenziamento/revoca senza giusta causa o cessazione del rapporto a seguito di un'offerta pubblica d'acquisito) non sono stati stipulati accordi aventi ad oggetto indennità né forme di remunerazione basate su strumenti finanziari (come ad esempio, stock option). Per il 2014 non è previsto di attivare alcun sistema di incentivazione relativo alle figure di vertice aziendale». Questo mettono nero su bianco i vertici di Banca Etruria, tra cui il vicepresidente appena nominato Pier Luigi Boschi, nel maggio 2014, come si può leggere nella «Relazione sulle politiche di remunerazione» della banca, già all'attenzione degli ispettori di Bankitalia, e adesso anche della Procura di Arezzo che indaga per bancarotta l'ex cda di Etruria, incluso il papà del ministro. Perché soltanto un mese dopo aver stabilito che, «vista la congiuntura economica e finanziaria degli ultimi anni» (ma soprattutto vista la voragine dei conti della banca), le fuoriuscite dei top manager non sarebbero state incentivate da premi e bonus milionari, il consiglio di amministrazione di Banca Etruria delibera l'esatto contrario, liquidando con 1 milione e 200mila euro il direttore generale Luca Bronchi (anche lui sotto inchiesta per concorso nello stesso reato).La riunione del 30 giugno 2014 decide quasi all'unanimità la ricca buonuscita del dg, forse come precedente per le future liquidazioni degli altri componenti del management, vista la situazione precaria della banca. Il pool di magistrati guidato dal procuratore di Arezzo Roberto Rossi ha affidato una delega di indagine alla Guardia di Finanza per verificare appunto le incongruenze tra il premio al dg Bronchi e le regole sulla remunerazione previste dalla banca stessa. La votazione si chiude con un solo astenuto, non Boschi senior ma un altro consigliere, il commercialista aretino Giovanni Grazzini. Che in un incontro pubblico ha raccontato come andarono le cose in quella riunione del cda: «C'era bisogno di dare un segno di discontinuità rispetto alla gestione precedente e tutti convergemmo su una soluzione consensuale del rapporto con Bronchi, ormai demansionato. Al momento di votare la delibera però io fui l'unico che in coscienza decisi di non votare a favore della buonuscita. Feci mettere a verbale che quella cifra era comunque elevata e che poteva diventare un pericoloso precedente, visto che era comunque prevista una operazione di dimagrimento del management, altri quindi avrebbero potuto vantare grosse cifre come liquidazione».Siamo dunque al quinto filone di inchiesta sul crac di Banca Etruria dopo le multe inflitte da Bankitalia agli ex vertici (2,2 milioni di euro complessivi le ultime sanzioni), con l'ipotesi di una bancarotta fraudolenta che prende sempre più corpo anche se dalla Procura di Arezzo non arrivano ancora conferme sull'apertura di un fascicolo. Il commissario liquidatore della banca ha stimato in 1,1 miliardi il «buco» di Etruria, di cui il tribunale di Arezzo ha dichiarato l'insolvenza. Si aggrava quindi la posizione di Pier Luigi Boschi, finora non coinvolto nelle indagini giudiziarie ma soltanto nei provvedimenti sanzionatori di Bankitalia. E la vicenda che lo riguarda, con la notizia di un'indagine a suo carico, ha immediati risvolti politici. «Il padre del ministro Boschi sotto inchiesta. Chissà se farà 5 km a piedi al giorno anche per andare in tribunale» twitta Alessandro Di Battista del M5S, che con una congiunta dei parlamentari definisce «sempre più indifendibile» il ministro Boschi. «Mi domando cosa aspetti a rassegnare le dimissioni, il suo conflitto di interessi è sempre più grande» attacca Paolo Grimoldi, segretario della Lega Lombarda e deputato della Lega.

La leader di Fdi Giorgia Meloni un passo indietro lo chiede a Renzi, perché «il conflitto di interessi riguarda tutto il governo». Mentre le associazioni dei consumatori denunciano «la cieca ostilità del governo verso le vittime truffate».

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