Il Banksy italiano che ridicolizza i politici

Si chiama Beast e nessuno lo ha visto in faccia. Il suo Salvini "nazista" è un'icona

Il Banksy italiano che ridicolizza i politici

Nell'ultima edizione di Affordable, la fiera milanese dell'arte «conveniente», Beast ha fatto un figurone.

Il suo stand (subito dopo l'ingresso, a sinistra) è stato tra i più visitati e apprezzati. Fondamentalmente per due ragioni: l'estrema economicità delle opere (380 euro i quadri più grandi compresa la bella cornice, appena 20 euro le opere più piccole senza cornice) e l'originalità dei soggetti con cui il misterioso street artist milanese prende in giro i politici e non solo.

I suoi fotomontaggi sono originali e fanno sorridere. Da Salvini vestito da Hitler a Berlusconi tatuato; dalla Boschi e Meloni in versione top model; da trio Di Maio-Salvini-Raggi che si tiene per mano felice e «corrente» a Conte, Bersani, D'Alema, Renzi e Saviano desolatamente depressi. Non mancano le prese per i fondelli internazionali: Merkel, Trump, Theresa May... Se poi vi sembra esagerato spendere 380 euro (o perfino 20 euro), potete sempre venire a Milano e mettervi alla caccia di uno dei tanti murales cartacei (rimuovibili con pazienza e strumenti idonei) assolutamente gratis che Beast mette a disposizione in luoghi più o meno strategici.

Negli ultimi tempi, ad esempio, per rimarcare la sua diversità dall'arte fintamente rivoluzionaria-popolare-proletaria di quel gran furbacchione che risponde al nome di Banksy, Beast ha «esposto» sui muri del Mudec (il museo dove è in corso la «mostra-evento» proprio del celebre street artist britannico) una serie di contro-disegni su cartone.

La gente passa, osserva e ha tre opzioni possibili: ignorare le opere, strapparle vie più o meno vandalicamente o portarsele a casa per ammirarle e farle ammirare agli ospiti. Questo è il senso più genuino della street art. Altro che mostre. Altro che mercato. Ci piace immaginare che Beast sia l'ultimo dei graffittari puri. Ma forse è solo un'illusione. La street art musealizzata è infatti un business che fa comodo a tanti. Alla faccia dei principi della pauperist-art che - nella realtà delle tele prezzate «a coefficiente» a prescindere dal loro valore - oggi sono attuali come un gettone telefonico nell'era dell'iPhone XS. Eppure, nel mondo dei furbi che dà valore solo a ciò che costa, non manca qualche dinosauro nostalgico che - è il caso, ad esempio, della coppia Ginger&Fred - abbandona «manufatti» nelle stazioni della metropolitana, usando le cabine per le fototessere come sede espositiva.

Ogni sera un'ombra si allunga nei mezzanini della MM e lascia un pacchetto sul seggiolino girevole dove la gente si siede per scattarsi le foto per patenti, passaporti e documenti vari.

Chi vuole può portare via il pacchetto misterioso: all'interno troverà una piccola opera d'arte.

Da gettare nel cestino dei rifiuti come fosse spazzatura, o da portare a casa come fosse un capolavoro. Che poi è la stessa cosa. Almeno per Ginger&Fred. E tutti quelli che la pensano come loro.

Nessuno, a dire il vero.

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