Barriere alte 6 metri e lacrimogeni Così la Spagna scongiura la crisi

Erette dai socialisti Gonzales e Zapatero, quelle barriere a Ceuta e Melilla salvano madrid dall'emergenza

Barriere alte 6 metri e lacrimogeni Così la Spagna scongiura la crisi

Triple barriere alte sei metri incorniciate da tagliente filo spinato. E botte da orbi per chi riesce ad oltrepassarle. Ma se non bastano quelli anche lacrimogeni e proiettili di plastica. E se alla fine qualcuno mette piede - nonostante tutto - nella terra promessa il respingimento non è certo un problema. Prima ancora di aver invocato il diritto all'asilo, lo sfortunato migrante si ritroverà pesto e ammanettato su un furgone della Guardia Civil che lo ributterà su quel versante marocchino da cui s'era illuso di prendere il volo. È la via spagnola all'accoglienza. Una via tanto severa quanto serenamente condivisa, nel corso dei decenni, sia dalla sinistra socialista che dalla destra del Partito Popolare.

La prima barriera eretta intorno all'enclave di Ceuta, in Marocco, risale al 1993, ovvero ai tempi dell'illuminato governo socialista di Felipe Gonzales. E anche la tripla barriera dell'altra enclave di Melilla costata, nel 2005, oltre 33 milioni di euro, alta più di sei metri e costellata di sensori ottici e sonori è figlia non dell'odio xenofobo di qualche estremista di destra, ma del governo di sinistra di Luis Zapatero. In cambio i governi di José Maria Aznar prima, e quello guidato oggi da Mariano Rajoy, non si sono mai fatti scrupoli nel difendere l'inviolabilità delle opere ricevute in eredità dai predecessori di sinistra. E continuano a farlo con una determinazione capace di far fremere d'indignazione non solo chi nel 2010 deprecava i respingimenti del governo Berlusconi, ma anche quanti, oggi, bollano come disumani simboli di una nuova xenofobia le barriere anti immigrazione spuntate in Grecia, Ungheria e Bulgaria.

Ma in confronto a quanto succede ogni giorno ai confini di Ceuta e Melilla, i due territori spagnoli in territorio marocchino assediati dai migranti, i respingimenti di Berlusconi condannati dalla Corte Europea nel 2011 e le altre forme di difesa dei confini adottate nell'Est Europa appaiono come irrilevanti bazzecole. Per capirlo basta andare a rileggersi le cronache spagnole del 6 febbraio 2014. Quel giorno duecento migranti africani hanno la sconsiderata idea di tuffarsi in mare dal territorio marocchino intorno a Ceuta per cercare di raggiungere la spiaggia dell'enclave spagnola. Ad aspettarli trovano un reparto della Guardia Civil che li accoglie a colpi di lacrimogeni e proiettili di plastica. In pochi minuti 14 migranti colpiti alla testa dai proiettili di plastica o svenuti per l'effetto del gas, scompaiono tra le onde e riemergono cadaveri. I malconci sopravvissuti vengono invece ripescati, imprigionati e immediatamente rispediti in Marocco. Eppure a più di un anno di distanza - e nonostante le denunce di Amnesty International - nessuno in Europa s'è ancora preso la briga di sanzionare Madrid. In compenso il lungimirante governo di spagnolo sta già varando leggi e disposizioni in grado di aggirare le regole Ue e garantire la prosecuzione di quei «respingimenti» considerati ignobili dal resto d'Europa.

Così se, in futuro, qualcuno a Bruxelles si prenderà la briga di ricordare che i migranti arrivati in Europa non possono essere espulsi senza aver valutato il loro diritto all'asilo, Madrid risponderà che la zona intorno alle barriere non è ancora propriamente Europa, ma un semplice «perimetro di sicurezza» soggetto a

regole esclusivamente spagnole. Non sarà elegante, ma di certo funziona. In Italia quest'anno sono già sbarcati 125mila immigrati e in Grecia più di 230mila. In Spagna, invece, gli arrivi superano a stento quota duemila.

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