«Lo statuto speciale è una iattura, una vera e propria sciagura per i siciliani. L'autonomia che tanto agognano i lombardi è una cosa meravigliosa ma non è adatta alla Sicilia, la sua storia ha bisogno d'altro. È come una Rolls Royce dove però il motore risulta fuso. La Sicilia va commissariata, ma non per fare poi le elezioni. Noi più che di elezioni abbiamo bisogno di un trauma forte, che svegli la coscienza dei siciliani». Pietrangelo Buttafuoco è abbastanza certo che nella sua buttanissima Sicilia (titolo del pamphlet diventato poi spettacolo teatrale) vinceranno i grillini, ma che non servirà a niente. «È impossibile governare la Sicilia col ricatto del consenso. Il M5s se entra a Palazzo Orleans, la mattina dopo deve avviare lo stesso trattamento fatto a Detroit, cioè una gestione da tribunale fallimentare. Il più grande errore sarebbe di cedere alla tentazione della vetrina, e candidare Nino Di Matteo, che già si favoleggia un 99% di consensi. Se la deriva è quella di un solco già tracciato dal suo predecessore, Antonino Ingroia, si sa già come va a finire. Ma è assolutamente inutile una campagna elettorale. Ci vuole un referendum per decidere cosa fare di questa Sicilia».
Commissariarla e abolire lo statuto speciale?
«Renzi ha giocato sporco sulla Sicilia perché aveva la possibilità di cancellare l'autonomia regionale siciliana, il cancro da cui si generano tutti i problemi. Invece per lui la Sicilia è stata un parco giochi dove esercitare il ruolo di redentore, con i bambini addestrati a cantare per lui, l'avesse fatto qualcun altro sarebbe arrivato Save the children. Nel referendum si è speso come mai in Sicilia, ha dato fondo a tutti i finanziamenti possibili, a tutte le operazioni di clientelismo impressionanti. Se vedevi le adunate dei renziani in Sicilia, era l'apoteosi del trasformismo, truppe cammellate arrivate da ogni dove. Ci si aspettava un risultato fragoroso, invece ha vinto il «No» con punte del 90%, perché il ceto politico ormai non corrisponde alla realtà in Sicilia. Crocetta, sempre presentissimo e fotografatissimo alle Leopolde, è ridotto ad una presenza pittoresca, si ripresenta alle elezioni con la consapevolezza di andare incontro da un carosello di pernacchie. Il ceto politico siciliano è responsabile della condizione di minorità della Sicilia, che è diventata periferia, mentre è l'unico luogo dove ti puoi concedere il lusso di avere una prospettiva universale, di vivere nella centralità dei mondi. Ora è diventata periferia, ed è paradossale se si pensa che tutti invertici istituzionali, Quirinale, Senato, Farnesina, sono siciliani. Basterebbe copiare».
Copiare chi?
«Come hanno fatto a Detroit, dopo la bancarotta della città. Nel turismo, copiare come fanno nella riviera romagnola, o nel Salento. Perché il festival che si fa a Spoleto non si può fare a Donnafugata? Ci vuole una visione che non può essere affidata all'improvvisazione elettorale. È un dibattito costante che ho qui. Una volta che vincono le elezioni si ritrovano come quando Pajettta alla guida di un gruppo di facinorosi si impossessò della questura e la comunicò a Togliatti, che gli disse: E ora che ve ne fate?. Ecco, e poi che se ne fanno della Sicilia?».
Insomma è inutile votare, serve una procedura fallimentare.
«Sarebbe sufficiente che i lettori si premurassero di andare al cinema a vedere L'ora legale di Ficarra e Picone (in un
paese siciliano i cittadini votano un professore che vuole cambiare le cose, ma quando il sindaco inizia a far pagare Imu e multe si pentono e fanno di tutto per farlo dimettere, ndr) per chiudere ogni ragionamento sul tema.
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