Massimiliano Salini, 42 anni, è l'uomo delle sfide impossibili. Sei anni fa, quando gli chiesero di candidarsi alla presidenza della provincia di Cremona, era un manager d'azienda: vinse al primo turno come indipendente di centrodestra interrompendo la sequela di giunte di sinistra. Un anno fa, scaduto il mandato, si presentò alle Europee: conquistò l'unico seggio da europarlamentare ottenuto dal Ncd al centro-nord Italia con un prezioso pacchetto di 28mila preferenze. Ieri, con Antonio Tajani, ha incontrato ad Arcore Silvio Berlusconi.
Lei va controcorrente: entra in Forza Italia mentre va di moda passare con Verdini...
«È il partito che ancora oggi sostiene le ragioni della peculiarità italiana: meno Stato, più impresa, più valore alla persona. È un punto di forza del Ppe nel Parlamento europeo. Non capisco perché non ci si butti in maniera decisa a ripopolare questo centrodestra».
Perché aderisce proprio oggi?
«Il messaggio politico va semplificato. Il centrodestra è Forza Italia. Nel Parlamento europeo Area popolare è nel Ppe con Fi e io non ho fatto una sola battaglia diversa da Tajani. Visto da Bruxelles, quello che combina l'Ncd in Italia appare pittoresco».
Cioè che stanno con Berlusconi in Europa e con Renzi a Roma?
«E con Maroni in Lombardia, con Zaia a Venezia, con Toti in Liguria. Questa contraddizione deve finire. Io sto a Bruxelles da lunedì a giovedì e dedico il venerdì al mio territorio, in particolare a incontrare gli imprenditori. Non ce n'è uno che non chieda o di qua o di là».
Alfano dice che Area popolare è un partito «responsabile» e perciò deve appoggiare il governo.
«La fase eccezionale, segnata dal sostegno a Monti e Letta, è finita. Oggi si va verso un'alleanza politica che contraddice il percorso che intendo sostenere. Le ambiguità vanno eliminate».
Eppure Renzi combatte battaglie di centrodestra, come il taglio delle tasse e l'articolo 18.
«Chi sostiene che tra centrodestra e centrosinistra non esistono differenze, che sia tutta una melassa unica, lancia un messaggio ipocrita che porta all'astensionismo o verso Grillo. Il governo attuale ha fatto un lifting riuscito male: non progetta un'Italia liberale, aperta al mercato, dove lo Stato arretra. Chi ha in mente questa nuova Italia non può pensare di realizzarla andando a pietire poltrone al leader del Pd».
Che cosa dice ad Alfano, Cicchitto, Lorenzin mentre li saluta?
«Le stesse cose che dico da un anno: dobbiamo uscire dall'ambiguità e dare un messaggio chiaro. Se il messaggio è passare con Renzi, io non ci sto e sono convinto che anche gran parte del nostro elettorato non li seguirà. Area popolare rischia un'operazione trasformistica e autolesionistica. La proposta politica nel tempo si è prosciugata. Comunque lascio senza polemiche personali».
Nostalgia delle poltrone perse?
«Ho davanti quattro anni da europarlamentare, non cerco poltrone, non ho secondi fini. Semplicemente, è inaccettabile la tattica delle alleanze variabili. Quando incontro la gente devo poter dire una cosa sola, non a seconda che mi trovi a Roma o a Bruxelles».
Gli elettori che cosa chiedono?
«Vogliono fatti e chiedono di non tergiversare. Nel Parlamento europeo sono nelle commissioni Industria e Trasporti: mi occupo di problemi reali che hanno incidenza diretta nella vita dei cittadini. Il messaggio politico deve avere lo stesso ritmo: chiaro, diretto, semplice».
Con Berlusconi che cosa vi siete detti?
«Abbiamo parlato oltre un'ora.
L'ho trovato molto motivato nella prospettiva di recuperare consenso tra chi non va più a votare. È l'aria che volevo vedere, di chi non ha affatto tirato i remi in barca e affronta la situazione italiana con grande senso di responsabilità».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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