E se il caso di Busto Arsizio fosse tutto un equivoco o una grossa esagerazione? Da due giorni si parla del caso del fantoccio dato alle fiamme dai Giovani Padani nella piazza della cittadina in provincia di Varese. Il fantoccio raffigurava la presidente della Camera Laura Boldrini, che - sicuramente in buona fede - si è sentita nel mirino di un’iniziativa ispirata dall’odio. «I “giovani padani” - ha scritto - mi hanno data alle fiamme ieri: hanno incendiato il mio fantoccio in piazza, a Busto Arsizio. Questo dimostra che le parole d'odio non sono mai solo parole, ma si trasformano in gesti deprecabili e possono innescare una spirale ancora più pericolosa. Dopo la bambola gonfiabile, l'augurio di essere stuprata ricevuto dal sindaco di Pontivrea e dal segretario della Lega di San Giovanni Rotondo, la bufala creata dal capogruppo leghista al Senato che ha riversato tanto odio sulla mia famiglia, il rogo dei giovani padani, cos'altro ci dobbiamo aspettare da questi signori?”. “È arrivato il momento che Matteo Salvini chieda scusa - ha aggiunto - Non a me, non ne sarebbe capace. Ma almeno ai cittadini di Busto Arsizio e a tutti gli italiani per la pessima figura che sta facendo fare al nostro Paese».
Le reazioni di condanna sono state moltissime e le prese di distanza interne alla Lega - comprese le stesse parole del leader leghista Matteo Salvini (che è milanese e non varesotto) - hanno contribuito a far credere che si trattasse effettivamente di un gesto di violenza, almeno verbale o simbolica. Una macabra rappresentazione di irriducibile ostilità. Ed è probabile che far maturare questo giudizio abbiano influito anche gli attacchi, a volte pesanti, che lo stesso Salvini ha indirizzato alla presidente della Camera.
Ma quando, per una volta, tutti sono concordi nel condannare il caso come un episodio da dimenticare o biasimare, cominciano ad arrivare le voci dei locali, dei “bustocchi“, sbalorditi dal clamore, quasi offesi da tale indignazione. Viene fuori che il rogo non ha niente a che vedere con la Notte dei cristalli o con le avvisaglie di un nuovo fascismo alle porte; e viene fuori soprattutto che si tratta dell’antico rito della «gioeubia», in cui, come avviene in molte parti d’Italia, vengono bruciate e salutate le cose vecchie - l’inverno, i malanni, le carestie - per accogliere la nuova stagione. Un addio a tutto ciò che sta per finire - comprese le legislature - e un benvenuto a ciò che arriva. Un rito propiziatorio paganeggiante, che può piacere o meno, ma che non c’entra niente con il ku klux klan o altre enormità evocate in questi giorni.
A riprova, spuntano le foto di tutti i politici sottoposti senza troppo clamore allo stesso trattamento: Matteo Renzi, Mario Monti, Elsa Fornero e altri. Qualcuno ricorda fantocci di centrodestra. Sicuramente bruciato quello dell’ex sindaco forzista Gigi Farioli, che come da immagini si era fatto fotografare gioiosamente vicino al suo fantoccio, pronto per essere bruciato come il suo decennio da primo cittadino. Niente di cui preoccuparsi, dunque. “Chi conosce la tradizione della Gioeubia sa che non ha nulla a che vedere con i sentimenti di odio che da ieri sera sento evocare da più parti - spiega l’assessore alla Cultura Manuela Maffioli, una giovane donna elegante e pacata che non fa pensare neanche da lontano a uno squadrista - È una festa popolare, antichissima, profondamente sentita dai bustocchi e partecipata da famiglie e bambini, che anche ieri, in un clima gioioso, hanno sfidato la pioggia per assistere al rito allegorico del commiato dall'inverno. Non c'è spazio per alcuna forma di violenza. Solo per l'ironia. E così è stato anche ieri sera".
Ironia che può piacere o meno, può essere di buono o cattivo gusto, ma non è un gesto di odio. Laura Boldrini, come tutti i non «bustocchi», non conosceva questa antica tradizione. Ma nella sinistra lombarda, qualcuno poteva anche dirlo, che si stava un po’ esagerando.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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