Nome in codice Paradise Papers. Solo posti in piedi negli affollati paradisi fiscali sparsi in tutto il mondo. E c'è tutta la crème della società. Nomi da Olimpo degli Dei. Teste coronate, politici, industriali, big di multinazionali, magnati con slanci etici, alti rappresentanti dell'Onu, star internazionali. Conti a tanti zeri da infilare nel materasso off shore. Conti segreti, fondi di investimento occultati, trust. Eccola l'élite di tutto il mondo che approfitta di scatole cinesi, delle scappatoie della legge per evitare di pagare le imposte. La lista è lunga e articolata, a rivelarlo i giornalisti dell'Icij, il Consorzio internazionale di giornalismo investigativo che ha pubblicato i risultati di un lungo lavoro d'inchiesta (chiamata Paradise Papers) sui siti di The Guardian, New York Times, Le Monde, Süddeutsche Zeitung e l'Espresso. Una bomba a orologeria.
La regina Elisabetta d'Inghilterra, Rania di Giordania, il ministro del Commercio Usa, Wilbur Ross, amico del presidente Donald Trump; un amico intimo e tesoriere del premier canadese Justin Trudeau. Star della musica come Bono Vox e Madonna. L'ex direttore della Cia, il generale già comandante supremo della Nato in Europa Wesley Clark. Il finanziere filantropo ungherese George Soros. Tra gli oltre 13mila file, su soldi portati all'estero, ci sarebbero anche i documenti che dimostrano che circa 10 milioni di sterline, 13 milioni di euro, di fondi privati della Regina Elisabetta sono stati investiti in un fondo off shore, alle isole Cayman, sinonimo di paradiso fiscale che garantisce l'anonimato oltre all'assenza di tasse, e alle Bermuda dal Ducato di Lancaster, insieme al Ducato di Cornovaglia dell'erede al trono, una delle maggiori proprietà immobiliari e terriere d'Inghilterra. La Bbc sottolinea come non ci sia nulla di illegale nell'investimento e che non sia stato trovato alcun elemento che lasci intendere che la regina non paghi le tasse. Restano però le legittime domande sul perché la sovrana dovrebbe investire in paradisi fiscali off shore. Il Ducato di Lancaster ha sostenuto di non essere coinvolto nelle decisioni su come vengono investiti i soldi della regina. Decisione prese dai fondi di investimento ai quali l'argent della sovrana viene conferito. Ma non c'è alcuna prova che Sua Maestà abbia conoscenza di investimenti fatti a suo nome.
Più o meno la stessa presa di distanza che ha avuto Sam Kutesa ex ministro degli esteri dell'Uganda ed ex presidente dell'assemblea generale delle Nazioni Unite che, raggiunto dai giornalisti, ha assicurato: «Avevo detto di chiuderlo molti anni fa». Rania di Giordania, indicata come beneficiaria di due trust nell'isola di Jersey, ha precisato che si tratta di «lasciti destinati a lei e ai figli» dal defunto re Hussein, il padre di suo marito, «e che sono stati sempre amministrati in base alle regole e ai più elevati standard etici e legali». Tutti hanno spiegazioni da dare e precisazioni da annotare. Come il ministro delle Finanze del Brasile, Henrique de Campos Mireilles, presente nelle liste di Icij con una fondazione costituita nelle Bermuda «per scopi caritatevoli» e che la «fondazione da lui creata non avvantaggerà lui personalmente e sosterrà attività benefiche per l'istruzione dopo la sua morte».
Emergono legami inquietanti, come quelli che collegherebbero Wilbur Ross, segretario al Commercio del presidente Usa Trump, a una società che annovera tra i suoi co-proprietari il genero del capo del Cremlino, Vladimir Putin, Kirill Shamalov, marito di Yekaterina Putin, persone che sono nella lista delle persone colpite da sanzioni Usa. Nuova enorme tegola sull'amministrazione Trump, sempre legato allo scandalo Russiagate. Tra le grandi società coinvolte nell'inchiesta ci sono anche Twitter e Facebook, che avrebbero ricevuto centinaia di milioni di dollari in investimenti che possono essere ricondotti alle istituzioni finanziarie dello Stato russo. I «Papers» traccerebbero anche le operazioni nei Paradisi di big come Nike e Adidas alle prese con triangolazioni per pagare meno tasse.
E ci sarebbe anche un «trust» delle isole Cayman riconducibile dal tesoriere del primo ministro canadese Justin Trudeau. Come le complesse costruzioni off shore utilizzate da due miliardari russi per rilevare quote nei club di calcio della Premier League Arsenal ed Everton. Una lista che non risparmia nessuno.
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