Roma - Un nome, uno solo, Sergio Mattarella. È questa l'idea con cui Matteo Renzi si presenta in mattinata davanti ai parlamentari del Pd, la candidatura che a mezzogiorno concorda con Pier Luigi Bersani, la proposta che all'ora di pranzo sottopone a Silvio Berlusconi. Il Cav dice no ma il premier insiste: prendere o lasciare. Braccio di ferro o gioco delle parti? Chissà, forse sarà proprio Renzi a lasciare l'ex ministro democristiano, oggi giudice della Consulta. Nel caso, Walter Veltroni è pronto e Franco Bassanini potrebbe spuntare a sorpresa.
Oggi si vota, però siamo ancora agli scambi preliminari. Il vertice a Palazzo Chigi ufficialmente non produce un nome, solo «l'identikit», come spiega Berlusconi, ma serve alla prima scrematura. Renzi blocca Giuliano Amato, sostenuto dal centrodestra e gradito da parte del Pd e in cambio, secondo una logica di compensazione, Berlusconi potrebbe ottenere il ritiro di Mattarella, considerato un nuovo Scalfaro. Renzi terrà duro sul nome? In realtà sembra quasi che Matteo questo veto se lo stia andando cercare, nella convinzione che il Cavaliere non possa dire di no a tutto rischiando di ritrovarsi Romano Prodi al Colle.
Non potrebbe, sostengono alcuni renziani, bocciare uno come Veltroni. L'ex segretario del Pd è in ascesa. Nelle ultime ore sarebbe diventato il candidato preferito dalla maggioranza dei parlamentari democratici, davanti a Mattarella, Castagnetti e Fassino. Stando a quanto si legge sulla Nota di Pasquale Laurito, «su Veltroni non c'è nessuna riserva da parte di Pier Luigi Bersani e nemmeno di Massimo D'Alema». Un placet da prendere con le molle, viste le simpatie dalemiane della Nota : potrebbe essere soltanto un tentativo di bruciarlo.
Comunque sia, l'ex sindaco di Roma è in pista. Ben visto da Napolitano che l'ha richiamato dal Cile, è stato sottoposto dal premier, insieme ad altri, a una specie di sondaggio informale tra i grandi elettori del partito. Lui e Piero Fassino risultano i «meno divisivi» e potrebbero essere le carte da giocare. Stabili le quotazioni di Anna Finocchiaro, in calo quelle di Amato. Poi c'è l'asso segreto, il cilindro nel cappello, da tirare fuori in caso di impasse e che risponderebbe al nome di Franco Bassanini.
Ex socialista, ministro con Prodi, D'Alema e Amato, fondatore di Astrid, pensatoio sulle riforme costituzionali, membro della prestigiosa commissione Attali, oggi presidente della Cassa depositi e prestiti.Ma nel laghetto del Pd le acque si sono intorbidite dopo che i Cinque Stelle hanno inserito Romano Prodi e Pier Luigi Bersani tra i dieci candidati preferiti. La sinistra del partito tenterà il colpaccio?
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