C'è una "talpa" in Vaticano che fa la fronda per Donald

Per contrastare l'azione del Papa prelati ribelli cercano sponda nel magnate. Passando informazioni segrete

C'è una "talpa" in Vaticano che fa la fronda per Donald

U na telefonata top secret, in piena notte. Da un lato del telefono un alto prelato, da quasi dieci anni residente in Vaticano, dall'altro il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Uno scambio di opinioni, ma soprattutto di informazioni che il tycoon aveva chiesto per capire il pensiero di Francesco in modo da difendersi da chi lo accusa di essere un nemico del Papa. Ma allo stesso tempo il tentativo di far crescere e potenziare all'interno della Santa Sede la fronda anti Francesco. Sembra quasi la trama di una spy story, che ci porta indietro di trent'anni, quando l'intelligence americana contava sull'aiuto di diversi ecclesiastici in Vaticano per avere informazioni e spiegazioni sulle attività di Giovanni Paolo II per contrastare il comunismo. I tempi sono cambiati e con un Papa che alza il telefono e chiama direttamente capi di Stato e di governo, anche il presidente Usa, alza la cornetta per sentire direttamente il parere e ottenere informazioni da autorevoli prelati che lavorano con Bergoglio.

Al centro del lungo colloquio telefonico che sarebbe avvenuto alcuni giorni fa tra il presidente e l'ecclesiastico, infatti, ci sarebbe stata un'analisi critica del pensiero di Francesco, spesso in contrasto con le idee del tycoon americano, soprattutto sul tema dell'immigrazione. E non è un caso che proprio ieri sia intervenuto il numero tre del Vaticano, Monsignor Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato che parlando a Tg2000 del muro che intende innalzare Trump al confine con il Messico ha detto: «C'è preoccupazione perché noi siamo messaggeri di un'altra cultura, quella dell'apertura; Papa Francesco insiste anche sulla capacità di integrare coloro che arrivano nella nostra società».

Nel corso della chiamata intercontinentale, tra il presidente Usa e la sua «gola profonda» vaticana, l'autorevole collaboratore del Papa, originario di un Paese d'oltreoceano, avrebbe spiegato brevemente al miliardario anche del rischio concreto che rappresentano (soprattutto negli Stati Uniti) i cattolici «confusi» dalle scelte dottrinali di Francesco, dei malcontenti, delle resistenze all'interno della Santa Sede da parte di un gruppo di «tradizionalisti». Dopotutto, il primo contatto tra i due interlocutori era avvenuto alcuni mesi fa con il presidente Usa che aveva chiesto al prelato di spiegargli la posizione del Pontefice e informarlo sulle attività di Bergoglio, in modo da avere, una volta insediato alla Casa Bianca, un quadro chiaro su come reagire agli eventuali «attacchi» indiretti del Papa argentino. L'ecclesiastico, che non è di certo tra gli estimatori di Francesco, aveva dato la sua disponibilità a informare Trump, a passargli alcune informazioni, in modo da trovare nel neo presidente Usa un «alleato» in più per la fronda che tenta di contrastare l'azione pastorale di Francesco. In effetti il presidente Usa, sarebbe l'alleato perfetto: già nella campagna elettorale dello scorso anno, Trump non aveva usato toni morbidi nei confronti di Bergoglio, che dal canto suo non nutre una grande simpatia per il tycoon: «Credo che il Papa - aveva detto Trump nel febbraio di un anno fa - sia una persona politicizzata e non penso che Papa Francesco capisca quale sia il pericolo che corriamo con il confine aperto con il Messico».

Bergoglio non aveva ovviamente replicato a Trump ma, qualche giorno dopo, a chi gli aveva chiesto un commento sul muro anti-immigrati proposto dal il Presidente Usa, Francesco aveva risposto: «Una persona che pensa di fare i muri, chiunque sia, e non fare ponti, non è cristiano, questo non è nel Vangelo».

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