Cagliari, allarme tubercolosi per i migranti «Portano batteri resistenti agli antibiotici»

I medici: aumento delle infezioni e molti pazienti sono fuggiti dal reparto

Cagliari, allarme tubercolosi per i migranti «Portano batteri resistenti agli antibiotici»

I profughi sbarcano in Italia, portandosi dietro i microbatteri della tubercolosi resistenti agli antibiotici. Vengono curati in ospedali impreparati a gestire l'enorme flusso di migranti. Non concludono le cure. Poi scappano dalle stanze di degenza, rischiando così di diffondere l'infezione.

È questo, in sintesi, l'allarme lanciato dei medici del reparto di malattie infettive della Asl 8 di Cagliari. Una denuncia messa nero su bianco in una lettera indirizzata alla dirigenza dell'ospedale. La situazione disegnata dai sanitari cagliaritani è allarmante e non può essere sottovalutata, visto che non esiste Regione in Italia che non abbia dovuto aprire le porte ai migranti. L'ultimo caso registrato è quello di Reggio Calabria, dove ieri ne sono sbarcati 541 con casi conclamati di scabbia, sospetta Tbc e malaria.

Andiamo con ordine. Negli ultimi tempi, si legge nel documento dell'Asl sarda, è stato registrato un «incremento dei casi di Tbc polmonare sostenuta da ceppi resistenti». Ovvero infezioni la cui «diffusione nella comunità» può creare «problemi di salute pubblica», perché sono generate da batteri resistenti agli antibiotici. E così i medici, preoccupati da come il governo sta gestendo i flussi migratori, hanno stilato cinque punti per spiegare l'entità dell'emergenza. «Ci sono stati frequenti episodi - scrivono - di pazienti con Tbc bacillifera che si sono allontanati dal reparto e che non vi hanno fatto più ritorno». Dove siano finiti questi migranti, non si sa. Alcuni di loro potrebbero essere tra quelli che da giorni bivaccano di fronte alla stazione e al porto di Cagliari. Un luogo di passaggio frequentato da centinaia di viaggiatori.

Non solo. Le terapie per curare la Tbc multiresistente richiedono due anni di tempo per «abbattere il rischio di diffusione della tubercolosi». I profughi, però, al momento della dimissione (se non sono già scappati) vengono reindirizzati verso il loro centro di accoglienza. Dove difficilmente continuano le cure prescritte dal medico, provocando la ripresa della malattia e la sua diffusione. «È necessario scrivono i medici un progetto di gestione dei pazienti a lungo termine» per assicurare la «corretta assunzione della terapia» ed effettuare i controlli necessari. Lo chiedono anche le linee guida del ministero, che per questi casi prevedono il trattamento sanitario obbligatorio. «Stanno mettendo a rischio la salute pubblica attacca Mauro Pili, deputato azzurro che ha reso nota la lettera la Sardegna sta diventando un polmone di diffusione della Tbc. Qualcuno dovrà risponderne».

Il documento è arrivato anche sulla scrivania del prefetto di Cagliari, che sta cercando una soluzione. Ma è difficile trovare un solo responsabile, quando le colpe si dividono tra vari ministeri.

Si pensi al caso del poliziotto di Ferrara contagiato da un migrante malato di Tbc allo stato terminale. «Sono stato lasciato solo con il mio incubo ha detto ho una grande rabbia». Come quella dei cagliaritani: costretti a convivere con un nemico che anche l'Asl fatica a combattere.

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