Cambiano i criteri del divorzio Il tenore di vita non conta più

La Cassazione stabilisce il nuovo principio basato sull'autosufficienza. I matrimonialisti: «Finita un'era»

Cambiano i criteri del divorzio Il tenore di vita non conta più

Così l'addio sarà davvero per sempre. Trent'anni dopo va in soffitta il tenore di vita. D'ora in poi, quando ci sarà un assegno di divorzio, conterà il «parametro di spettanza» basato sulla valutazione dell'indipendenza o dell'autosufficienza economica dell'ex coniuge che lo richiede. Una rivoluzione dopo un lungo invariato stallo di trentanni. Dagli anni 70, da quando cioè è nata la legge sul divorzio. Allora si pensò giustamente di tutelare le donne, la parte più debole. Oggi si vuole cambiare corso.

Gli anni del matrimonio, il tenore di vita si archiviano così come l'amore. Si va punto e a capo.

La svolta epocale, giunta dopo ventisette anni, è arrivata con la sentenza n. 11504 di ieri della prima sezione civile della Cassazione secondo la quale «il parametro del tenore di vita collide radicalmente con la natura stessa dell'istituto del divorzio e con i suoi effetti giuridici». Infatti, spiega il collegio, con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale, a differenza di quanto avviene con la separazione personale che lascia ancora in vigore gli obblighi coniugali anche se attenuati. Ne consegue che ogni riferimento a tale rapporto «finisce illegittimamente con il ripristinarlo - sia pure limitatamente alla dimensione economica - in una indebita prospettiva, per così dire, di ultrattività del vincolo matrimoniale». E così il matrimonio, non è più la «sistemazione definitiva»: sposarsi, scrive la Corte, è un «atto di libertà e autoresponsabilità». Con la sentenza 11504, depositata oggi dalla Cassazione e relativa al divorzio tra l'ex ministro Vittorio Grilli e una imprenditrice, i supremi giudici hanno respinto il ricorso con il quale la ex moglie chiedeva l'assegno di divorzio già negatole con verdetto emesso dalla Corte di Appello di Milano nel 2014 che aveva ritenuto incompleta la sua documentazione dei redditi e valutato che l'ex marito dopo la fine del matrimonio aveva subito una «contrazione» dei redditi. Ad avviso dei supremi giudici, la decisione milanese deve essere corretta in motivazione perché a far perdere il diritto all'assegno alla ex moglie non è il fatto che si suppone abbia redditi adeguati, ma la circostanza che i tempi ormai sono cambiati e occorre «superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva».

Ma come fare a stabilire la capacità economica? I principali indici che la Cassazione individua per valutare l'indipendenza di un ex coniuge sono il «possesso» di redditi e di patrimonio mobiliare e immobiliare, le «capacità e possibilità effettive» di lavoro personale e «la stabile disponibilità» di un'abitazione. Una decisione che ha rivoluzionato il diritto di famiglia in tema di riconoscimento dell'assegno e dei criteri per la sua quantificazione. Così secondo i giudici l'assegno può essere riconosciuto soltanto se chi lo richiede dimostra di non poter procurarsi i mezzi economici sufficienti al proprio mantenimento. Viene spazzato via un principio sancito nel 1970 dalla legge 898 che ha introdotto il divorzio in Italia. Scelta in linea con gli orientamenti degli altri Paesi europei ma che mette a rischio molte donne. L'assegno diventa di natura assistenziale. Ed è questo il vero fatto nuovo. La stessa sentenza lascia intendere che è un po' la fine del matrimonio che durava tutta la vita, così come era stato concepito dalla vecchia legislazione. Il Forum delle associazioni familiari italiane è «molto preoccupato» per gli effetti della sentenza.

Vincenzo Bassi, responsabile giuridico del Forum, denuncia il rischio che «nel caso di famiglie della media e piccola borghesia, il coniuge debole, ad esempio una moglie che ha dedicato la vita alla famiglia, possa trovarsi in una situazione di povertà».

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