Niente panico, ma neanche indifferenza. Solo così si può pensare di affrontare uno dei luoghi più sensibili al lungo sciame sismico che sta contrassegnando il Centro Italia dal 24 agosto 2016. Il riferimento è alla zona di Campotosto, un piccolo comune di poco più di 500 abitanti, nella provincia dell'Aquila, in Abruzzo, posto a 1.420 metri. Qui sorge il secondo bacino artificiale più grande d'Europa: 14 chilometri quadrati di ampiezza per 35 metri di profondità. E sono tre le dighe che dagli anni Quaranta funzionano per assicurare l'acqua alle centrali idroelettriche della valle del Vomano, lungo il percorso del fiume che sfocia nell'Adriatico: quelle di Poggio Cancelli, Sella Pedicate e Rio Fucino. Nessun allarmismo, ma la consapevolezza che il lago sorge ad appena una decina di chilometri dagli epicentri degli ultimi terremoti. Significa che se si dovesse verificare una scossa del settimo grado della scala Richter - possibilità che nessuno può escludere - potrebbe provocare un'esondazione che difficilmente potrebbe essere gestita. Peraltro si è visto che una delle faglie attive analizzate dai geologi si dirama proprio al di sotto della diga di Rio Fucino.
«Effetto Vajont» e «tsunami» - frasi e parole che si sentono circolare in queste ore - fanno paura solo a sentirle; tuttavia l'argomento è ben noto agli specialisti che seguono costantemente le dinamiche litologiche del già disastrato sottosuolo abruzzese. Già nel 2009 si parlò di rischio sismico, indicando l'improbabilità dell'evento, ma anche la grande pericolosità che potrebbe seguire a una scossa sismica in grado di compromettere la stabilità delle strutture in calcestruzzo. Ieri pomeriggio se n'è discusso nel corso di un incontro al ministero delle Infrastrutture, con la presenza del ministro Graziano Delrio e il presidente della Regione d'Abruzzo, Luciano D'Alfonso. Non ci sono preoccupazioni imminenti. Le dighe sarebbero al sicuro e si sta cercando di abbassare ulteriormente il carico di acqua presente nell'invaso; già piuttosto basso. Sergio Bertolucci, presidente della Commissione Grandi Rischi, fa sapere che il bacino è monitorato da Protezione Civile ed Enel. L'ente che distribuisce l'energia sul territorio dice che è prassi verificare lo stato di salute delle dighe ogni volta che si verifica un sisma dal quarto grado della scala Richter in poi; così dettano le regole stabilite dalla Direzione dighe del ministero. Ma si puntano gli occhi anche sul Monte Vettore e il Monte Gorzano, vicini all'invaso, dove le ultime analisi di nivologia hanno rivelato un manto nevoso che supera i due metri di spessore. Alla fine dell'anno scorso fecero il giro del mondo le foto che mostravano una linea di faglia che tagliava orizzontalmente i monti abruzzesi, e i residui di frane avvenute nelle adiacenze.
La zona continua a destare preoccupazione. Si cerca di fare luce sul livello di energia accumulatesi nelle faglie sottostanti. Il progetto Deep Gases from Active Faults condotto dal Cnr ha evidenziato quantità sospette di radon e toron (isotopo instabile del radon) di solito collegate agli eventi tellurici. I sismologi, di fatto, ritengono che esista una «lacuna» che non si è ancora scaricata; e che pertanto potrebbe ospitare un nuovo evento sismico. Il condizionale è come sempre d'obbligo, perché l'esperienza ci insegna che non c'è nulla di più imprevedibile di un terremoto.
Non sono rari i casi in cui s'è dato retta ai sussulti di una particolare area sismica, per poi misurare (quando ormai era troppo tardi) le onde telluriche da tutt'altra parte. In ogni caso prevenire è meglio che curare; ed è quello che si sta facendo in questi giorni, cercando di capire oggettivamente lo stato di salute del lago di Campotosto e soprattutto delle sue dighe.
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