Questa storia dell'annuncio «choc» (parola che piace da matti ai titolisti dei giornali per due ragioni: è breve e drammatizza alla grande) fa ridere anche se uno si sforza di rimanere serio. Lo «choc» nasce dalla frase pronunciata da una capotreno (insomma, un capotreno donna) che sul regionale 2653 Milano-Modena partito alle 12.20 diffonde col microfono un annuncio «razzista» di cui esistono due versioni ufficiose, ma non una ufficiale:
1) «I passeggeri sono pregati di non dare monete ai molestatori e agli zingari. Scendete alla prossima fermata perché avete rotto i coglioni»;
2) «I passeggeri sono pregati di non dare monete ai molestatori e agli zingari. Scendete alla prossima fermata perché avete rotto».
Le due versioni sono identiche, se non fosse per quella penzolante parolina finale che rende la prima versione ancor più volgare, benché il termine in questione sia usato addirittura da bimbi in età pre-asilo. Una - diciamo così - «apertura lessicale» che però non giustifica affatto il comportamento della capotreno, la quale avrebbe dovuto usare un linguaggio più civile e adeguato al suo ruolo.
Fermo restando la buona sostanza del messaggio, che giustamente intimava a «molestatori» e «zingari» (ah già, che il termine «zingaro» è severamente proibito) di scendere dal treno. Quanto alla richiesta ai passeggeri di «non dare monete», essa appare del tutto superflua. A far loro l'elemosina si rischierebbe infatti la bancarotta, tanti sono i questuanti che illegittimamente salgono sui convogli solo per dare fastidio alla gente. Per non parlare dei tanti episodi di pura violenza di cui spesso e (non) volentieri sono rimasti vittime viaggiatori e personale ferroviario, quest'ultimo magari «reo» di voler controllare i biglietti.
L'episodio dell'annuncio «razzista» è avvenuto due giorni fa, ma se ne è avuta notizia ieri in concomitanza con la decisione di Trenord di avviare «un'indagine interna». Che potrebbe portare alla sospensione o al licenziamento della dipendente. Anche se perdere il posto di lavoro per una frase infelice sarebbe una punizione decisamente esagerata. E sul punto - forse - è d'accordo pure il professor Raffaele Ariano, testimone oculare (e acustico) del «fattaccio». Ariano era a bordo del treno «razzista» (convoglio diretto a Mantova, mica a Dachau) e si è precipitato a sfogarsi sui social: «Escludo si possa essere trattato di un sabotatore. Non era una voce registrata, ma una persona abituata a fare annunci e che stava parlando proprio in quel momento. Sono rimasto sul convoglio per altri 30 minuti e non c'è stata alcuna smentita o scuse per ciò che era stato detto». Improbabile la prima versione fornita da Trenord: «Il dispositivo da cui si lanciano quel tipo di avvisi non è in cabina e, attraverso una manomissione, può essere accessibile anche ai passeggeri»; per poi correggere il tiro: «Il fatto è grave e inqualificabile».
«Invece di preoccuparsi per le aggressioni a passeggeri, controllori e capitreno, qualcuno si preoccupa dei messaggi contro i molestatori. Giù le mani dal capotreno. Viaggiare sicuri è una priorità!», ha twittato il ministro dell'Interno, Matteo Salvini.
«L'utilizzo improprio degli altoparlanti è un fatto grave, ma i commenti razzisti lo sono ancora di più», ha replicato il consigliere regionale del PD, Matteo Piloni. Si parte con la polemica. Tutti in carrozza! «Molestatori» e «zingari» esclusi. «Choc» permettendo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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