Caro Papa, sono orgoglioso di essere un coniglio

Sono un coniglio, avendo fatto quattro figli con la volontaria collaborazione di mia moglie, e mi rivolgo a Papa Francesco con l'umiltà di un peccatore per dirgli che il suo monito mi ha sconcertato

Caro Papa, sono orgoglioso di essere un coniglio

Sono un coniglio, avendo fatto quattro figli con la volontaria collaborazione di mia moglie, e mi rivolgo a Papa Francesco con l'umiltà di un peccatore, benché non mi senta tale, per dirgli che il suo monito mi ha sconcertato. Meglio dichiararlo subito per evitare equivoci: non credente, sono però persuaso che la parola della Chiesa sia importante per gran parte dell'opinione pubblica. Pertanto, mettendomi nei panni di un fedele, mi domando: come mai da tutti i pulpiti cattolici, per decenni e decenni, i preti hanno tuonato in favore della procreazione illimitata, in osservanza delle norme celesti, e ora, all'improvviso, il supremo capo della cristianità fa macchina indietro e predica, col suo linguaggio piano e diretto, il controllo delle nascite?

Questa non era forse roba per laici incalliti che, inascoltati o addirittura vituperati, scrivevano tomi su tomi per avvertire l'umanità dei pericoli connessi all'esplosione demografica? Essi dicevano: se l'aumento costante e sfrenato della popolazione continuerà, il mondo sarà destinato a morire di fame per l'impossibilità della terra a produrre cibo sufficiente per tutti. Mi pareva che avessero ragione e stavo dalla loro parte, litigando con coloro i quali, viceversa, sostenevano il contrario: la provvidenza assicurerà a chiunque il necessario per campare.

Se chiedevi loro come si sarebbe sfamata tanta gente su un globo relativamente piccolo, quale il nostro, la risposta che fornivano non era scientifica, bensì illuminata dalla fiducia nelle lettere pontificie. Le quali all'incirca recitavano: no alla regolamentazione demografica, sì alla legge naturale secondo cui l'atto sessuale è finalizzato al concepimento. L'insegnamento è stato valido per lustri. Ora, invece, è stato abrogato da Bergoglio, quantomeno corretto: la maternità e la paternità siano responsabili; marito e moglie non sono conigli, si limitino a dare alla luce tre figli (al massimo) in modo che essi siano all'altezza di mantenerli ed educarli come Dio comanda. Si vede che Dio ha cambiato idea.

Forse è meglio così. Il cattolicesimo si abituerà al nuovo corso. D'altronde, da coniglio, sono autorizzato a raccontare la mia esperienza di padre, di nonno e addirittura di bisnonno. Favorevole al controllo delle nascite, confesso di non aver affatto controllato quelle che avvenivano in casa mia. Quattro figli, pur con l'attenuante di due gemelle, sono un bel numero. Non è stato facile crescerli, ma neppure troppo difficile. Ce l'abbiamo fatta e non ho un ricordo brutto dell'epoca in cui i pargoli erano monelli.

Qualche problemino c'era, ma è stato risolto. Per fortuna in famiglia non mancavano i mezzi per soddisfare esigenze alimentari, scolastiche eccetera. Spesso, rammentando il casino che c'era in famiglia, mi interrogo: come facevo a sopportare quattro diavoli scatenati? Non lo so. Sta di fatto che mi piaceva assai caricare tutta la brigata in auto e portarmela a spasso. Mia moglie e io avevamo un ruolo e lo ricoprivamo con allegria anche nei momenti peggiori, quelli delle malattie, delle topiche negli studi, del terrore suscitato dalla diffusione nella società giovanile delle droghe.

La vita dei genitori è dura. Ma se anche non fosse un dono di Dio, è sopportabile qualora vi siano soldi abbastanza per tappare ogni buco. Mia moglie e io non siamo stati eroi, eppure non riusciamo a trattenere il riso se pensiamo che Francesco ci considera avvolti nelle pellicce di conigli. Abbiamo affrontato ogni avversità senza perderci d'animo e le abbiamo superate. Se mi guardo in giro, poi, scopro che la maggior parte delle mamme e dei papà si è comportata secondo le proprie capacità materiali e spirituali. Già, si fa quel che si può, il più delle volte commettendo gli stessi errori che, da bambini, attribuivamo ai nostri vecchi. Non esiste una scuola per genitori. Si diventa saggi quando non occorre più esserlo: i figli sono diventati grandi e non hanno bisogno della nostra assistenza.

Per quel poco che ho imparato, consiglio alle coppie giovani di agire secondo i suggerimenti che vengono dal cuore: è vero, meno bebè, meno grane, in linea di massima. Ma è anche vero che una prole numerosa si autogestisce. I ragazzini si aiutano tra loro, formano una sorta di clan, e la famiglia va avanti.

Le rotture di balle, per chi la governa, sono all'ordine del giorno, tuttavia non impediscono di vivere sereni. Perché la serenità dipende da noi, non dagli altri.

A Papa Francesco, che non ha avuto marmocchi, dico con stima: non sa che cosa si è perso.

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