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Il Senato manda a processo Matteo Salvini

Il Senato ha accolto la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro dell'Interno sul caso Gregoretti

Il Senato manda a processo Matteo Salvini

Matteo Salvini andrà a processo. L'Aula del Senato ha accolto la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del leder della Lega, presentata del Tribunale dei ministri di Catania, per il caso Gregoretti. L'ordine del giorno a firma di FI e FdI, che avrebbe bloccato l'autorizzazione a procedere, non ha raggiunto la maggioranza assoluta (160 voti) ed è stato bocciato.

Poco dopo le 19, la presidente di turno Paola Taverna ha comunicato all'aula del Senato la chiusura delle votazioni. Con 152 no e 76 sì, l'ordine del giorno presentato dai due partiti del centrodestra, che puntava a ribaltare la decisione della Giunta per le immunità e a negare così la richiesta dei magistrati, è stato respinto. "Mi mandano a processo per avere bloccato per quattro giorni lo sbarco di 130 immigrati in attesa che cinque paesi europei accettassero la redistribuzione. Non ho nulla di cui vergognarmi, anzi andrò in quell'Aula di tribunale rivendicando quello che ho fatto. Sono orgoglioso di quello che ho fatto da ministro", ha commentato Matteo Salvini a Radio Radio.

La vicenda esplosa lo scorso luglio davanti alle coste della Sicilia e conclusasi quattro giorni più tardi nel porto di Augusta, quando i 131 migranti soccorsi vennero fatti sbarcare, è giunta alla conclusione. Dopo il voto in Parlamento, ora il caso passerà ai magistrati che dovranno stabilire se rinviare a giudizio il leader della Lega.

Il voto

Il dibattito generale al Senato e l'intervento di Matteo Salvini hanno creato oggi molta tensione in aula. In finale di seduta, c'è stato anche accenno di rissa tra alcuni senatori dei 5 Stelle e i colleghi leghisti.

Poi si è passati all'ordine del giorno depositato da FI e FdI per chiedere di respingere la richiesta di autorizzazione a procedere. La Lega "per rispetto a quanto richiesto da Salvini" ha spiegato che "non parteciperà alla votazione odierna". La parola è quindi passata ai 5S e i senatori del Carroccio hanno lasciato l'aula. "C'è un vittimismo che non comprendo. Si parla di testa alta ma bisogna andare dai giudici a testa alta. Salvini deve andare a rispondere del suo operato. Il Senato non sta abdicando alle proprie funzioni, anzi le sta esercitando. Non è che però bisogna dire al Senato cosa e come fare. Questo significa non avere paura", ha dichiarato il capogruppo pentastellato Gianluca Perilli nel corso delle dichiarazioni di voto sul caso Gregoretti.

L'ordine del giorno è stato respinto da M5S, Pd, Italia Viva e Leu e la votazione è andata avanti fino alle 19 per dare la possibilità a tutti i senatori di esprimersi. Al termine della riunione dei capigruppo del Senato, i risultati ufficiali: il documento del centrodestra ha ricevuto 76 voti favorevoli, quelli contrari sono stati invece 152.

La giornata al Senato

Il giorno della verità per Salvini è arrivato. Nell'aula del Senato questa mattina è iniziato il dibattito per approvare o meno l'autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro dell'Interno, accusato di sequestro di persona per il caso Gregoretti.

A dare il via alla seduta a Palazzo Madama alle 9.30 è stata la relatrice Erika Stefani che ha illustrato il lavoro svolto dalla Giunta per le autorizzazioni e le immunità del Senato. "Esautorata la Giunta dalla sua funzione principale, piegata a ragioni politiche, a questo punto, la sede necessaria al fine di poter rinvenire la verità risulta essere solo la sede processuale", ha spiegato la senatrice della Lega. "La attività dell'organo - ha attaccato Stefani - è stata del tutto condizionata in questa occasione da posizioni espresse dai partiti politici che hanno anticipato la loro decisione nel merito prima di iniziare la discussione". Nella sua ricostruzione, la leghista ha ricordato come "alcuni membri hanno rifiutato di intervenire anche in sede di discussione nel merito, abbandonato i lavori per due volte e non partecipando alla votazione finale". "La Giunta - ha continuato -, a seguito della parità dei voti favorevoli e di quelli contrari, non ha approvato la proposta messa ai voti dal Presidente e pertanto si è intesa accolta la proposta di concessione dell'autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Matteo Salvini, nella sua qualità di Ministro dell'Interno pro tempore".

L'ex ministro della Lega ha sostenuto che l'attività dell'allora ministro dell'Interno Salvini ha agito nell'interesse nazionale, ricordando che il ritardo dello sbarco è stato causato dai "meccanismi di ricollocamento dei migranti" che "non erano operativi alla data del 26 luglio 2019 e che si stava elaborando un percorso per la loro redistribuzione. Quindi serviva il mero tempo tecnico perché si procedesse allo sbarco". "Il senatore Salvini - ha continuato Stefani - ha prodotto elementi che dimostrano il coinvolgimento del governo; vi sono anche delle dichiarazioni del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e una del vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio, mai smentite, sulla situazione della nave Gregoretti. C'è stata anche piena conoscenza diretta del dossier da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte". Così la senatrice ha messo in luce la posizione dei ministri e del premier che non hanno "mai fatto una dichiarazione per contestare la scelta del ministro Salvini".

Vuoti i banchi del governo durante la discussione sulla richiesta di autorizzazione a procedere. "Che pena, senza vergogna", ha scritto sui social Salvini pubblicando una foto dei banchi, "Governo assente. Vogliono mandare a processo Salvini, non hanno il coraggio di presentarsi in Aula".

Il dibattito

Dopo le parole della leghista si è aperto il dibattito (guarda la gallery). "Pronto per intervenire in Senato, a testa alta e con la coscienza pulita di chi ha difeso la sua terra e la sua gente. 'Se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui"", ha scritto sui social il leader della Lega, citando una frase del poeta Ezra Pound, poco prima di entrare in aula.

"È ridicolo sostenere che una nave italiana fosse una minaccia per la patria. Voterò a favore dell'autorizzazione a procedere per dare la possibilità a Salvini di difendersi nel processo come tutti i cittadini, non dal processo", ha tuonato Emma Bonino. Sostegno al leghista è invece arrivato da Daniela Santanché ("Gli italiani stanno dalla parte del ministro Salvini. Voi provate a lucrare elettoralmente, ma la Storia non è dalla vostra parte") e dalla senatrice di Forza Italia, Fiammetta Modena ("La richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini, ministro dell'Interno, è un pericoloso precedente, inaccettabile").

"Non intervengo in Aula ma voto", ha invece annunciato Matteo Renzi parlando nel Transatlantico a margine della discussione. Il leader di Italia viva nei giorni scorsi aveva dichiarato esplicitamente che voterà sì al processo contro Salvini.

Salvini "rinunci alla sua immunità: la esorto a farlo, sarebbe un bel gesto", ha dichiarato Gregorio De Falco, senatore del Gruppo Misto. "Anche la gente di cui parla come il suo popolo, si aspetta che lei sia coerente con i proclami che sta facendo da due anni", ha poi aggiunto.

Nel frattempo, FI e FdI hanno depositato l'ordine del giorno, firmato dai capigruppo Bernini e Ciriani, con cui chiedono all'Aula del Senato di respingere la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini per la vicenda Gregoretti.

È stato poi il momento della senatrice Giulia Bongiorno: "In questi giorni il dibattito è stato 'Salvini fuggirà o no dal processo?' Come se il processo fosse già deciso. Attenzione a non abdicare del tutto al nostro dovere. Se ragioniamo così ci trasformiamo in Azzeccagarbugli. Non siamo Azzeccagarbugli. E lo dico anche a Salvini: non si faccia provocare. Nessuno di noi può scavalcare i giudici. Senatore Salvini è in gioco il suo destino, ma è in gioco anche l'indipendenza dei poteri". L'avvocato aveva già invitato Salvini a "non avallare la linea dell'autorizzazione a procedere".

"Io non cambio idea. Non trovo che ci sia una differenza rispetto al caso Diciotti. Le decisioni di Salvini sono coerente ed esecutive del Governo di cui faceva parte. Il contrasto con il Governo non c'è. La ruota gira, colleghi. Quello che capita a Salvini può capitare a Zingaretti domani o a qualcun altro", ha avvertito Pierferdinando Casini annunciando il suo voto contrario al processo.

"A noi sembra che Salvini agì non basandosi su ragioni di Stato, ma che agì per più basse ragioni di partito", ha invece dichiarato il dem Dario Parrini.

Le parole di Salvini

Andare al processo per la vicenda Gregoretti "è un motivo d'orgoglio. Io non scappo", ha dichiarato il leader della Lega ai cronisti al Senato. "Siamo antropologicamente e culturalmente diversi - ha tuonato -: io mai nella vita chiederò che siano i giudici a giudicare Conte, Zingaretti o Di Maio. Il giudizio che conta è quello del popolo".

Dopo pochi minuti il suo discorso in aula.

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