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Il Cav di "Loro 2"? Alla fine vince lui

Potere e solitudine nel film di Sorrentino. Ritratto grottesco, ma Berlusconi ne esce indenne

Il Cav di "Loro 2"? Alla fine vince lui

Ci sono Loro. C'è Lui. E ci siamo noi, spettatori: già divisi, ben prima di entrare in sala, tra l'essere con Lui o contro di Lui. E così rimaniamo divisi, senza spostare di un fotogramma la nostra opinione, quando ne usciamo. Perché sia Loro 1, che ha debuttato nei cinema la scorsa settimana, senza sbancare il botteghino ma neppure senza fare flop, sia Loro 2, nelle sale dal 10 maggio, non dicono nulla che tutti gli italiani, con Lui o contro di Lui, non sapessero già.

E poi c'è Paolo Sorrentino, regista incuriosito dal Potere, in tutte le sue forme, politico (Il Divo), intellettuale (La grande bellezza), spirituale (The Young Pope), il quale nel suo doppio film su Berlusconi parla sì di Lui, ma pensando alle conseguenze del Potere: la corruzione, la (im)moralità, la solitudine, la generosità, la pietas.

Ed ecco Loro, 1 e 2, film totalmente alla Sorrentino («Io non posso che fare film alla Sorrentino», ironizza il regista, ed è vero: non è facile uscire da se stessi), troppo pieno di tutto - personaggi riusciti, battute-tormentone («Te che cosa ti aspettavi - gli chiede Mattia Sbragia alias Fedele Confalonieri - di poter essere l'uomo più ricco del Paese, fare il premier e che anche tutti ti amassero alla follia?» «Sì, io mi aspettavo proprio questo», risponde Lui), scene surreali ma riuscite (il musical delle ragazze sulle note di Meno male che Silvio c'è), altre meno (l'arrivo del Cavaliere al compleanno di Noemi Letizia, un po' tirata via), tante citazioni (la telefonata a una casalinga qualunque nella quale Berlusconi, vendendole un appartamento, vuole dimostrare a se stesso di essere ancora il numero uno, quasi come Di Caprio in The Wolf of Wall Street) - ma alla fine vuoto proprio di un ritratto più complesso, se non completo, dell'uomo. A Lui viene rinfacciato tutto il rinfacciabile: comprare senatori, circondarsi di ragazze, disattendere le promesse. La pars destruens è perfida (seppure non violenta, come in altre ricostruzioni). Ma la pars costruens (nessuno ci ha ancora spiegato il Berlusconi capace di farsi amare da metà degli italiani) quasi inesistente. Lui ne esce come un simpatico piacione, poco di meno, niente di più. «Loro non è un film schierato o ideologico. Sarebbe stato stupido fare un film sul berlusconismo, che è un argomento ampiamente sviscerato - dice Sorrentino, ma non c'è da credergli -. Mi interessava indagare la dimensione dei sentimenti che stava dietro ai personaggi... In fondo l'attualità del film è nella dimensione sentimentale».

Un film così tanto sentimentale e così poco politico che il brogliaccio scelto come sotto testo alla sceneggiatura restano le cronache di Repubblica e del Fatto quotidiano. Certo, l'aggressione al totem-Berlusconi è anche tenera nella sua spietatezza (all'uscita della proiezione per la stampa, Natalia Aspesi bisbigliava che alla fine viene da pensare che Berlusconi sia «delizioso»), e a volte la difesa di Silvio sembra battere ai punti l'arringa degli accusatori. È vero.Il Berlusconi di Sorrentino è molto umano: è generoso con gli amici (ricordando ai nemici la differenza fra chiedere un favore e ricattare), cena a pizza e champagne ma non vuole che in casa sua entrino droghe, quando la «regina» delle Olgettine si spoglia davanti a lui, le getta una giacca per coprirsi, e alla fine il favoloso «bunga bunga» su cui il gossip ha ricamato per anni dura il battito d'una farfallina, seppur placcata oro. Persino nella scena clou del film, il dialogo in cui Berlusconi-Servillo e Veronica-Sofia Ricci (metà film impegnata in battute radical chic e l'altra metà in un trekking in Cambogia) si rinfacciano le colpe di un matrimonio fallito, è difficile stare dalla parte della seconda, anche se non si sopporta il primo. Ma l'attacco all'uomo - un Principe del cinismo, dell'egoismo, della vanità - è unilaterale. Opera di finzione. E di parte.

Film che comincia con un'erotica depilazione in piscina della moglie di Scamarcio-Tarantini, e che si conclude, nel sottofinale, con una bellissima deposizione di Cristo, altra citazione da La dolce vita, ambientata fra le macerie del terremoto dell'Aquila (fuori di metafora il disastro lasciato da vent'anni di guerra pro e contro Berlusconi), Loro è un film venduto come «emotivo», ma che resta ideologico. Sorrentino apparentemente non vuole né condannare né assolvere, solo raccontare Berlusconi. Ma la sentenza è che chiunque abbia a che fare col Potere è comunque colpevole, quale che sia la declinazione. L'ossessione di conquistarlo (resterà la battuta di Scamarcio rivolto alla moglie: «Sai dove abbiamo sbagliato? Nell'illudersi di essere più furbi di loro»), l'onnipotenza che si prova nel possederlo (che per il regista coincide con la parabola del Cavaliere) e il terrore di perderlo: ed ecco Loro 2, con Berlusconi che non vuole uscire di scena. «Sai qual è la differenza tra te e me?», chiede a un certo punto a Mike Bongiorno-Ugo Pagliai: «Che tu hai la testa piena di ricordi, io piena di progetti». E l'irrisione è completa.

Ultima nota a margine. Non essendo un editorialista di Repubblica, ma un regista (che ha anche lavorato per Berlusconi), Sorrentino concede al Caimano, che ha i tratti di tutti gli italiani - anche di noi, non solo di Loro - i toni della tenerezza, oltre che della malinconia. Quella che ispira Berlusconi quando, accendendo finalmente il famigerato vulcano nel parco della sua villa in Sardegna, si ritrova a concedere soltanto a se stesso il grande spettacolo che aveva promesso a tutti.

Lui, però, sorride.

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