Da Arcore filtra poco in questa domenica dedicata alla famiglia e al Milan ma quello che trapela è un pollice verso nei confronti del premier. Berlusconi, certo, non può che annuire nel leggere la pila delle agenzie di stampa che riportano il pensiero di Renzi che rottama le vecchie ideologie del suo partito. Ma il problema è proprio lì: quale Pd? «Sono spaccati: metà a Palazzo Chigi e metà in piazza contro Palazzo Chigi. Come fa a governare così?». Da una parte il Cavaliere sorride perché all'orizzonte vede una scissione a sinistra; dall'altra teme che Renzi non riuscirà a fare quello che dice di voler fare e che il Cavaliere appoggerebbe pure. «Soltanto un bluff», è quindi il pensiero del leader di Forza Italia, sempre meno propenso a fare sconti al premier. «Siamo convintamente all'opposizione», ripete nella consapevolezza che questa posizione ha un duplice vantaggio: mette la sordina a chi all'interno di Fi denuncia un atteggiamento troppo indulgente nei confronti del governo; e facilita il lavoro per aggregare le forze di centrodestra ontologicamente lontane dal Pd come FdI e Lega.
Il Cavaliere annuisce anche nel leggere le sterminate dichiarazioni degli azzurri, tutte tese a evidenziare la frattura nel Pd. Il problema è che i provvedimenti licenziati da Palazzo Chigi sono soltanto fumo. La legge di Stabilità, per esempio: «C'è il trucco. Non diminuiscono le tasse: con una mano si dà e con l'altra si toglie». Insomma, a parole Renzi dice cose anche condivisibili ma nei fatti resta un governo di sinistra che tartassa il ceto medio.
Niente sconti sulla politica economica ma rispetto degli accordi presi sulle riforme costituzionali e sulla legge elettorale: « Pacta servanda sunt , i patti si rispettano». Tuttavia sul tema c'è un nodo, complesso da sciogliere. Il premio di maggioranza dato alla lista e non più alla coalizione - ultimo dei desiderata di Renzi - è da accettare o no? Il Cavaliere prende tempo prima di dare una risposta definitiva ma in Fi si trema. Non sono pochi a consigliare all'ex premier cautela: «Per noi sarebbe la fine», gli hanno detto in molti. Berlusconi tergiversa. Due i motivi principali: in questo modo si andrebbe verso un bipartitismo, modello che gli è sempre piaciuto: «Avete visto quanto mi è stato difficile governare quando guidavo governi di coalizione?», ha ribattuto agli azzurri scettici. Il secondo motivo è che l'ex premier è convinto che i dati che fotografano una Fi in picchiata non rispettano il vero valore del partito: «Se avessi la possibilità di scendere in campo senza alcuna restrizione ce la giocheremmo alla pari col Pd». Specie se in frantumi.
Proprio il dibattito sulla legge elettorale e l'apertura al premio alla lista avrebbero aperto un «caso Verdini». Condizionale perché i presunti malumori dell'ex coordinatore del Pdl sono stati presentati come l'anticamera di un suo addio a Fi. Il Corriere della Sera aveva addirittura parlato di una «lettera» di doglianze di Verdini, pronto al passo indietro. «Una patacca - giurano nell'entourage di Denis - La verità è questa: quotidianamente Verdini manda un report al Cavaliere. In uno di questi esprimeva tutte le sue perplessità e i rischi oggettivi a un sì al premio alla lista. Fine». Da qui il racconto di una spaccatura tra Denis e Silvio che gli azzurri più vicini al primo giudicano «lunare». Vero è che Verdini è sotto pressione perché considerato l'anima più renziana di Fi. E questo l'ha messo nel mirino degli azzurri più filo-opposizione.
Basti ricordare lo scontro durissimo in Ufficio di presidenza tra Denis e Capezzone con il primo che difendeva il patto del Nazareno così: «Ma vi rendete conto che se Renzi fa il Mattarellum noi siamo spacciati?». Timore che Berlusconi condivide.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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