Il Cavaliere sonda i leghisti per un nuovo asse moderato

Berlusconi frena le ambizioni leaderistiche di Salvini: «Serve un vero federatore». La cena segreta con Zaia

Il Cavaliere sonda i leghisti per un nuovo asse moderato

Berlusconi non è per nulla pentito. È consapevole che il suo endorsement al governatore del Veneto Zaia ha irritato non poco Salvini. Ma tant'è. Ben gli sta. In fondo sono mesi che, ogni giorno, il leader del Carroccio non risparmia battute al vetriolo contro di lui. Il Cavaliere, quindi, non ha alcuna intenzione di cospargersi il capo di cenere. Non solo: l'ipotesi Zaia non è così peregrina perché rivela il suo reale pensiero che è più o meno il seguente: «I moderati sono la maggioranza del Paese ma non possono essere rappresentati da Salvini. È bravo in televisione ma è giovane, inesperto; e rischia di spaventare l'elettorato moderato. Non può essere lui il leader; serve un vero federatore». Il pensiero seguente: «Quello potrei essere io...». Oppure, qualora la corte di Strasburgo dovesse ancora impantanare il proprio verdetto, un'altra persona più misurata di Salvini. Meno populista. E a rimarcare che agli occhi del Cavaliere di Lega non c'è solo quella con la felpa ma anche quella in giacca e cravatta, ecco lanciare il nome di Zaia che tanto ha fatto infuriare Salvini. Nessuna scusa, quindi. Anche se l'ex premier in privato scuote la testa: «Non ho mai candidato Zaia. Ho soltanto detto, rispondendo a una domanda di un giornalista che l'ha citato, che lui potrebbe essere uno dei papabili leader; e poi soltanto se Strasburgo non dovesse riabilitarmi e se si andasse a votare con un sistema elettorale che prevede un listone unico». Altrimenti detto: senza queste condizioni il leader resto io; o quantomeno lo sceglieranno gli elettori votando». Insomma, era un modo per ribadire il suo «no» alle primarie ed esternare tutte le sue perplessità nei confronti delle ambizioni leaderistiche del capo del Carroccio. Ed è vero anche che Berlusconi ha tentato di avvicinare Zaia per parlare di futuro. In programma c'era una cena in Veneto, organizzata in gran segreto. Un faccia a faccia, a tavola, che forse adesso non avverrà più visto che Salvini di fatto ha messo il veto, tagliando corto: «Il possibile candidato sono io». Poi cerca di essere meno ruvido ma soprattutto di celare tutto il suo fastidio: «Mi rende orgoglioso il fatto che Berlusconi individui uomini della Lega come potenziali presidenti del Consiglio. Penso però che il nome sia l'ultimo dei problemi: quello su cui stiamo lavorando per mandare a casa Renzi è un programma». Incidente di percorso o meno, a Salvini non è andato giù che il Cavaliere abbia lanciato la candidatura di Zaia: l'ha valutata come uno sgarbo; come un tentativo di dividere il Carroccio in due. Quello salviniano e quello dal «volto umano» del governatore ligure. Al di là delle scaramucce reciproche, i tre quarti di Forza Italia sono impegnati a gettare acqua sul fuoco e cercare di ricucire visto che un centrodestra diviso e litigioso è senza dubbio perdente. Brunetta si fa in quattro: «Si tratta solo di non litigare tra noi, trovare un programma comune, e presentarsi uniti. Il centrodestra cresce nei sondaggi, cresce Forza Italia, cresce la Lega, cresce Fratelli d'Italia. Grandi prospettive, quindi».

Un altro che lavora a tenere tutti insieme è Altero Matteoli che oggi raduna le molte anime del centrodestra al tempio di Adriano a Roma. Presenti Salvini, Meloni, Toti, Fitto, Mauro, Quagliariello.

Dispensa ottimismo, il senatore: «Non credo ci siano difficoltà particolari a stendere un programma comune nel centrodestra». E pure Schifani giura: «Il centrodestra appare al momento l'unica alternativa credibile per ridare all'Italia un governo che dia soluzioni ai problemi degli italiani».

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