L'Italia «rancorosa» del 2017 non c'è più.
Ma c'è poco da consolarsi, la malattia si aggrava: ora l'Italia è, semplicemente, «cattiva».
Siamo al «sovranismo psichico». Come modalità dell'essere, prima che bandiera da sventolare sui palazzi del potere. Il sovranismo è una condizione esistenziale, prima di diventare una dottrina e un guanto di sfida all'Europa, ai presunti poteri forti, all'establishment che si credeva inamovibile.
Il cinquantaduesimo rapporto del Censis fotografa un Paese che vive dentro un cortocircuito perfetto: sono cadute le illusioni sulla ripresa economica e allora, in fondo al cratere in cui ci dibattiamo, non resta che prendersela con i migranti e assestare un calcio al tavolo della politica tradizionale.
Secondo il segretario del Censis Giuseppe De Rita, uno dei più noti sociologici tricolori, il Paese è sempre più imbozzolato dentro una fragilità che è ormai antropologica.
«Il fenomeno del sovranismo - spiega De Rita - è semplicemente un'espressione psichica con cui noi tendiamo ad affermare quello che è il modello di sviluppo italiano. Cioè abbiamo la necessità, di fronte a un mondo che è sempre più globale, di dire noi sappiamo stare nel mondo globale con un modello che è però tutto nostro».
Un modello che utilizza i gomiti di fronte a presunte intrusioni sulla propria rotta di viaggio: venendo a mancare il carburante della solidità economica, l'italiano medio ribalta il tavolo della convivenza civile e manda a casa chi l'ha rappresentato nel passato.
«È stata - afferma il rapporto - una ricerca programmatica del trauma, nel silenzio arrendevole delle elite, purché l'altrove vincesse sull'attuale». Il cambiamento del governo nasce in qualche modo da questa ansia interiore quasi incontrollabile. Ma l'altra faccia di questo squilibrio, di questo pessimismo sempre più cupo e quasi apocalittico, diventa la caccia al capro espiatorio: è il passaggio, pericoloso, dal rancore alla cattiveria e dunque dalle sensazioni negative alla loro espressione.
«La cattiveria - è l'analisi del Censis - diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare».
L'Italia dunque peggiora, almeno secondo i parametri del Censis, abbandona le sfumature e si rifugia in una lettura a tinte forti della realtà: per questo si chiede stabilità al «sovrano autoritario». Siamo in una società sempre meno tridimensionale e sempre più piatta in cui il migrante diventa il parafulmine di tutte le mancanze e le difficoltà. D'altra parte lo straniero spesso non rispetta le regole, fa salire il tasso di criminalità, assorbe le risorse del welfare. E allora diventa il nemico da combattere.
Le fasce sociali in difficoltà, con i piedi su un terreno sempre più franoso, dovrebbero avere come
interlocutore una classe politica «che non si perda in vincoli di rancore o in ruscelli di paure ma si misuri con la sfida complessa di governare un ecosistema complesso».Insomma, che sappia tenere il timone fra le mani.
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