Stavolta, i tre leader del centrodestra si preparano a salire al Quirinale per ascoltare, più che per parlare. È possibile che la risposta di Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni alla proposta che domani farà Sergio Mattarella non sia data subito, ma che si riservino di valutarla.
La formula offerta dal capo dello Stato, i tre ne sono consapevoli, metterà alla prova la solidità dell'alleanza. Perché sul «governo del presidente» le posizioni, tra segretario della Lega e capo di Forza Italia, sono diverse. Resistente il primo, che insiste sull'incarico se non a lui ad una figura indicata dal Carroccio ed è tentato dal voto subito; possibilista il secondo, verso larghe intese con un premier terzo che allontani le urne. Eppure, assicurano in casa azzurra, nessuno può e vuole «sfasciare tutto».
Alle 18 Berlusconi partirà da Arcore per Roma e in serata potrebbe esserci il vertice a Palazzo Grazioli, ma non è escluso che i leader si vedano lunedì mattina prima di salire al Colle o si consultino solo al telefono. Anche ieri hanno avuto segnali sulla volontà del Quirinale di allontanare il voto, un richiamo alla responsabilità. «Il messaggio è - spiega un azzurro di rango -: sia chiaro a tutti che non si andrebbe alle urne fischiettando, perché scatterebbe l'Iva e i cittadini pagherebbero le colpe dei politici. Bisogna arrivare almeno a fine anno». Ecco perché Sestino Giacomoni fa questa dichiarazione, concordata con il Cavaliere: «Forza Italia è una forza seria e responsabile, che da sempre chiede due cose: prima di tutto un governo che faccia quello che gli italiani si aspettano, ovvero riduca le tasse, blocchi l'immigrazione clandestina e aiuti chi ha veramente bisogno. La seconda è che il governo sia guidato da chi ha vinto le elezioni. Le formule per raggiungere questo obiettivo le valuterà nel migliore dei modi il capo dello Stato lunedì, dopo le consultazioni in cui il centrodestra si presenterà unito». Con una buona dose di realismo, si assicura: ci affidiamo a Mattarella, per un governo con pochi punti qualificanti. «In queste settimane - spiega il portavoce dei gruppi parlamentari azzurri Giorgio Mulè - c'è stata l'ossessione di tornare al voto, mentre la nostra ossessione è di evitare che nuove elezioni si rivelino un salasso per gli italiani, con l'aumento dell'Iva. Bisogna scongiurare questo pericolo».
Da parte sua, Salvini sembra meno battagliero di prima, più accomodante, forse anche per i consigli del vice Giancarlo Giorgetti e di Roberto Calderoli. La prospettiva dell'accordo con il M5s pare sfumata, con i grillini arroccati e già in campagna elettorale. Certo, non vorrebbe dar loro un vantaggio, rischiare che dall'opposizione corrodano consensi alla Lega. Fi è in posizione attendista, dopo che Salvini ha rifiutato il patto con Di Maio per il veto a Berlusconi, non potrebbe dissociarsi dalla scelta del leader del centrodestra. E poi, anche con il Pd non avrebbe i numeri e i dem appoggeranno un governo di tregua solo se lo faranno tutti.
La speranza degli azzurri è che Mattarella tiri fuori dal cilindro un personaggio che possa piacere anche al leader della Lega. Sembra che abbia scartato alti magistrati e grand commis dello Stato, tutti i nomi fatti e punti su una figura del mondo del lavoro e delle professioni, modello più Agnelli che Draghi.
Il governatore della Liguria Giovanni Toti, il più vicino a Salvini degli
azzurri, spiega a Il Messaggero che in prima battuta si cerca un governo politico «a partire dal centrodestra, con la collaborazione dei 5 Stelle», in seconda anche «un governo di scopo», per arrivare ad elezioni anticipate.
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