Che delusione il nuovo Carrère sul cristianesimo

San Luca descritto come un contabile, San Paolo come una macchietta. Nel libro (comicamente autobiografico) dell'autore francese, la caricatura della religione

Che delusione il nuovo Carrère sul cristianesimo

Me lo figuravo più serio, Emmanuel Carrère. Forse perché pubblica con Adelphi e Adelphi mette sempre timore reverenziale. Forse perché ha scritto la biografia di Limonov e Limonov di timore reverenziale ne mette anche di più: avventuriero, ex galeotto, trafficante d'armi, fondatore del partito nazional-bolscevico, oppositore di Putin (mestiere fra i più pericolosi), insomma un duro come ce ne sono pochi. E un po' del carisma del biografato si è trasferito sul biografo, per induzione. Quindi pensavo che grazie a Il Regno , viaggio dentro il cristianesimo e in particolare dentro il Nuovo Testamento, ulteriore carisma si sarebbe trasferito da San Paolo e San Luca, co-protagonisti del libro, allo scrittore francese.

Che delusione. È semmai il contrario: con questo nuovo libro Carrère ridicolizza e quindi dissacra sia i Santi sia se stesso. Consapevolmente? Inconsapevolmente? Non è chiaro. Carrère, uomo seducente, benestante, sangue blu nelle vene e figlio d'arte (la madre Hélène Carrère d'Encausse è storica e accademica di Francia), si piace tanto e lo dimostra in ogni foto, in ogni riga. Dall'eccesso di considerazione di sé al ridicolo il passo è breve e di questa brevità lui sembra non accorgersene. Frivolo, ipercinetico e ombelicale, un misto di Louis de Funès e Woody Allen passando per Sarkozy, e guarda caso ho citato tre comici, se ne esce con frasi di questo tipo: «Nietzsche, di cui ogni mattina leggo qualche pagina al bar». C'è chi al bar legge La Gazzetta dello Sport , chi le cronache locali: lui legge Nietzsche. Magari è perfino vero, però fa abbastanza ridere. Frequenta ristoranti thailandesi, a casa mangia riso integrale, fa meditazione e fa yoga, cita il samsara e il nirvana, sembra insomma la caricatura cinematografica di un devoto delle pratiche orientali più folcloristiche, e non uso la parola «gnostico» perché sarebbe pensiero sprecato, come sparare col cannone della filosofia per colpire un moscerino della moda.

Procedendo nella lettura, da un momento all'altro sembra che possa mettersi a parlare di cristalli mistici o di scie chimiche. Che cosa c'entra questo repertorio del pensiero debolissimo col cristianesimo? Poco o niente. Ma siccome Il Regno è un libro che comincia e finisce in forma di autobiografia bisogna sciropparsi il confuso sincretismo dell'autore, un ex cattolico o un semicattolico, vattelapesca, un uomo che nel corso della sua vita ha creduto a tutto e al contrario di tutto, senza capirci mai molto e inducendo il lettore a capirne perfino meno. Non è un uomo religioso, nella migliore delle ipotesi è uno spiritualista. Lo dimostra il racconto del suo matrimonio: «A Natale, Anne e io andiamo al Cairo per sposarci nella povera parrocchia di padre Xavier. Sono presenti soltanto il sacrestano e uno spazzino». La fede come esotismo, quindi, e subito dopo come estetismo: «Attraversiamo in macchina il deserto del Sinai, guardiamo il sorgere del sole dal monastero di Santa Caterina». Mentre l'uomo religioso, quello cattolico in particolare, si sposa nel proprio contesto, in una chiesa della propria città circondato dai famigliari e dagli amici.

L'uomo religioso nutre rispetto per la propria religione e per la religione in senso lato, mentre Carrère dipinge San Luca come un contaballe e San Paolo come una macchietta (nel risvolto giustamente si evocano i Monty Python). Se l'autore delle Lettere ai Romani, ai Corinzi, ai Tessalonicesi somigliava davvero al poveretto che appare nelle pagine del Regno , visto che il cristianesimo si è esteso in mezzo mondo ecco a voi la prova dell'esistenza dello Spirito Santo. E se l'autore del Vangelo di Luca , appunto San Luca, era davvero un estroso sceneggiatore, eccoci al proverbiale caso del bue che dice cornuto all'asino: il mestiere principale di Carrère è quello dello sceneggiatore (televisivo). «Sono pronto a scommettere il mio posto nel Regno dei cieli che il legame di parentela fra Gesù e Giovanni è un'invenzione», scrive il fatuo indagatore del Nuovo Testamento. Senza spiegare, senza confutare, semplicemente lasciando briglia sciolta alla fantasia.

Secondo Carrère molti episodi del Vangelo di Luca , anche il censimento che spinge Giuseppe e Maria verso Betlemme, anche l'orecchio di Malco riattaccato da Gesù, sono solo delle trovate, delle brillanti trovate.

Purtroppo per lui la sua credibilità è prossima allo zero anche perché, da uomo del tutto privo di vergogna, ammette di rivolgersi, per risolvere i dubbi narrativi durante la stesura dei testi, alla divinazione cinese ossia all'I Ching: come se io per decidere se un qualsivoglia prodotto culturale è un capolavoro o una ciofeca lanciassi i dadi o scrutassi il fondo del caffè. Però scrive bene e a qualcuno basta questo.

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