Che rivincita l'inchino dell'Europa snob

Che rivincita l'inchino dell'Europa snob

Ci sono quelli che se solo emetti il suono «Trump» danno segni di collasso e sudorazione fredda. In Italia è già successo in passato con Berlusconi: la sinistra al caviale, o se preferite radical chic, quella che detta le norme, le mode e persino la lunghezza dei calzini, è orribilmente refrattaria al suono «Trump» con reazioni allergiche anche gravi, attenzione leggere attentamente il foglio illustrativo. Si tratta di tutta quella sinistra al caviale o (sempre se preferite) radical chic si è da tempo sbrigata, per atea che fosse, a dichiararsi papista con atti persino maniacali come augurare a sproposito «buona sera» e «buon appetito» credendo di imitare l'essenza del pensiero argentino, nel senso di Bergoglio.

Per tutti costoro il ricordo delle scintille tra Donald Trump e Papa Francesco, al di qua e al di là degli spalti di frontiera messicani, erano sembrati festosi fuochi d'artificio: il papa (per certificato di nascita «buono») e il politico americano (per definizione «cattivo» ma anche burino, cafone, villano e volgare) sembravano per sempre divisi da lingue di fuoco tracciate con un lanciafiamme a gasolio dallo stesso arcangelo Gabriele. E poi, porca miseria: è successo un fattaccio che la sinistra al caviale e radical chic non è riuscita a metabolizzare restando incagliata a nord e a sud del piloro. È accaduto che Francesco e Donald, Bergoglio e Trump, pur senza gettarsi le braccia al collo, abbiano come si dice interagito con rispetto e persino con grazia, scambiandosi regali simbolici e occhiate da gente di mondo che capisce (sia l'uno che l'altro) chi si ha davanti.

È esattamente ciò che è sempre successo nei secoli quando l'Imperatore d'Occidente si è incontrato col romano Pontefice, che magari è di Buenos Aires. Napoleone e Pio VII arrivarono agli schiaffi, ma non è stato certo il caso dell'incontro di ieri, cominciato con un sorriso e finito in gloria. Ecco perché i poveri altezzosi di casa nostra ci sono rimasti male: perché come i bambini ricchi e viziati concepivano un mondo fiabesco, separato dalla realtà. La realtà è che papa Bergoglio, oltre che un sant'uomo questo dipende dai gusti e dalle opinioni, è prima di tutto un uomo di mondo: uno che per la berretta papale era già pronto un paio di conclavi fa, uno che non viene da un convento dei trappisti, ma dalla Compagnia di Gesù, cosa questa - che ha sconvolto le sacre regole perché mai era accaduto finora che un gesuita diventasse papa. Bergoglio è sia gesuita che papa, come Trump è sia un urbanista che un legittimo rappresentante del Paese più produttivo, amato, detestato del mondo, certamente quello che produce più farmaci e film, oltre che bombe madri ohibò di tutte le bombe.

Noi non sappiano (ma lo sospettiamo) se Bergoglio abbia senso dell'umorismo. Il mestiere di papa lascia poco spazio all'ironia, che neanche alla Casa Bianca è sempre di casa. Ma i due mostri (nel senso di creature che destano meraviglia) si sono guardati, si sono parlati e si sono scambiati messaggi senza neanche scambiarsi la password di wi-fi, perché non appartengono al bestiario immaginario della sinistra al caviale che vibra di sdegno al solo suono del nome interdetto, ma al mondo della nostra epoca piuttosto complicata e anche divertente. La tragedia di sinistra è che Trump e Bergoglio, presidente e Papa, si sono scambiati legittimazione e rispetto. È quella legittimazione che provoca nella sinistra al caviale o chic, una crisi d'ansia: signora mia, in che tempi, avrebbe detto l'Arbasino di un tempo. Il diavolo imperialista e l'acqua santa vaticana, uniti in una concordia non soltanto diplomatica, ma autentica e reale.

Poi, come si dice a Milano, a ciascuno il suo mestiere: Trump erigerà muri anti-invasione e Bergoglio lancerà ponti sugli stretti della Storia. Ad entrambi dobbiamo un applauso perché hanno per il nostro sadico piacere mandato in bestia la gente con la puzza sotto il naso, un prodotto che hanno sempre in tasca, anche in comode confezioni spray.

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