L'hanno screditata come la crociata del Nordest leghista. Da Trento a Trieste si moltiplicano le iniziative della politica per ricollocare i crocifissi in aule scolastiche e luoghi pubblici. Ora che ci si avvicina a Natale, ai crocifissi si affianca un'altra pericolosa attività reazionaria e sovversiva: allestire presepi. Ci si lamenta che i giovani perdono la memoria del passato, che la storia non è più maestra di vita, e poi ci si scandalizza perché un'autorità pubblica invita a esporre i simboli della civiltà da cui è nata l'Italia. Così il 25 dicembre, giorno di nascita di Gesù e non di Babbo Natale, ben vengano alberi e regali, ma guai a ricordarsi che duemila anni fa il Bambinello è venuto al mondo povero, lontano da casa, in una grotta di fortuna. Il consiglio comunale di Trieste ha invitato gli asili pubblici ad appendere i crocifissi. A Trento il nuovo presidente della Provincia autonoma, il leghista Maurizio Fugatti, che un mese fa ha espugnato una delle ultime roccaforti della sinistra, ha sollecitato i presidi a fare altrettanto, presepio compreso. Iniziative analoghe ad Arezzo e Pisa, città amministrate dal centrodestra dopo il dominio della sinistra che però non si è mai sognata di negare i simboli delle radici patrie: l'autocensura viene da un malinteso senso di laicità. Nel 1988 era una comunista come Natalia Ginzburg a difendere sull'Unità i crocifissi nelle aule: «II crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l'immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l'idea dell'uguaglianza fra gli uomini fino allora assente». In Veneto il doge Luca Zaia si è spinto a garantire un contributo pubblico alle scuole che allestiranno il presepe. Ieri anche il ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, si è detto favorevole: «Il crocifisso per me è il simbolo della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre tradizioni: non vedo che fastidio possa dare nelle nostre aule scolastiche, anzi può aiutare a far riflettere». E i presepi nelle scuole «fanno parte della nostra identità». Ma l'autocensura dei laicisti ora fa il paio con una sorta di pudore ecclesiastico. Succede a Trento, la città del Concilio: da tempo il parroco della chiesa rinascimentale di Santa Maria Maggiore, che nel Cinquecento ospitò alcune fasi del Concilio e nel 1896 il primo congresso antimassonico internazionale, non riesce a garantire una vigilanza costante e ha limitato le ore di apertura. Da mesi vengono saccheggiate le elemosine e giorni fa un uomo è stato fotografato mentre orinava sui muri esterni di questo che è uno dei luoghi di culto più importanti della città. Fugatti ha perciò pensato di stanziare 50mila euro per garantire sicurezza alle chiese che non se lo possono permettere. Nulla è stato ancora deciso. Apriti cielo, è il caso di dire. I laicisti hanno gridato allo scandalo. Ma anche il vescovo tridentino, monsignor Lauro Tisi, si è mostrato indispettito dall'iniziativa.
Per una volta che la politica non chiede alla Chiesa di pagare l'Imu ma propone di tutelare un bene ecclesiastico, il presule ha invitato a evitare strumentalizzazioni e tenere un profilo basso. Strano paradosso: l'uso politico della fede è temuto più dell'uso della chiesa come una latrina.
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