«Col No addio ai capitali» Il finanziere del premier fa terrorismo psicologico

Referendum, da Serra il solito ritornello caro ai renziani: così gli investitori se ne andranno

«Col No addio ai capitali» Il finanziere del premier fa terrorismo psicologico

Milano - «Se il Paese dice No il capitale estero non entrerà più in Italia. Quelli che ci sono rimarranno ma nessuno verrà più». Parola di Davide Serra, di professione finanziere a capo del fondo speculativo Algebris basato nella City londinese ma più noto qui a casa nostra per il suo hobby di pierre, nonché finanziatore delle Leopolde di Matteo Renzi.

Ebbene, ieri Serra è intervenuto in veste di sedicente Cassandra (figura mitologica greca condannata a restare sempre inascoltata) a Venezia, dal pulpito di un convegno internazionale sulle sofferenze bancarie cui hanno partecipato i protagonisti del mercato dei cosiddetti Npl. Al parterre di investitori, il finanziere genovese trapiantato a Londra ha annunciato la sua profezia in vista del referendum costituzionale: «Il capitale globale vede positivamente le riforme per l'Italia. Negli ultimi anni senza riforme la crescita è stata zero, quindi con queste regole abbiamo sempre perso, cambiavano gli allenatori ma la squadra ha sempre perso». Insomma, per Serra «basta un Sì». Altrimenti addio investitori stranieri e quindi addio quattrini.

Del resto, il 27 dicembre del 2014 il ministero degli Esteri lo ha nominato Commendatore dell'ordine al merito della Repubblica (nonostante sia da oltre vent'anni residente all'estero) «per essersi impegnato nella promozione dell'Italia come meta di investimenti finanziari».

Resta da capire cosa alla Farnesina intendano per promozione. Perché dal decreto sulle Popolari, al business delle sofferenze bancarie passando per la cosiddetta bad bank, laddove c'è un provvedimento approvato o messo in cantiere da Matteo Renzi su questioni che riguardano da vicino il mondo della finanza ecco che spunta il fondo hedge Algebris a fare business cavalcando la furia rottamatrice del premier. Coincidenze, sicuramente. Che però hanno fatto discutere.

Serra è lo stesso guru che a giugno, poche settimane prima della Brexit, aveva scritto ai suoi clienti di acquistare titoli bancari. Una scommessa che per chi lo ha seguito è andata malissimo. È lo stesso che aveva lanciato l'invito, poi accolto da Renzi, di aumentare le tasse sulle rendite finanziarie. Tasse che i fondi di Serra non pagano in Italia.

È lo stesso che avrebbe voluto sostituire il ministro del Tesoro Padoan, con il sottosegretario Enrico Zanetti in quota a Scelta Civica che Serra aveva votato alle Politiche del 2013, prima dell'ascesa di Renzi.

Mentre il patron di Algebris trasmetteva il suo messaggio terrorizzante sulla possibile vittoria dei «No» al referendum, i titoli bancari in Borsa crollavano trascinando giù l'intero listino. Compreso quello del Monte dei Paschi che, secondo il patron di Algebris, «è diventato il nuovo bunga bunga, quando vado all'estero da italiano mi chiedono solo di quello».

Il suo fondo comunque esaminerà il prossimo aumento di capitale del Monte come possibile investimento, «io ho il mandato di guardare tutto, poi deciderò in base ai numeri», ha detto ieri Serra. Fornendo la sua ricetta per il successo: «Secondo me va fatta la conversione di una parte dei bond subordinati Mps».

Forse sono gli stessi acquistati da Algebris qualche mese fa? Perché già a gennaio Serra aveva annunciato al forum di Davos di voler scommettere sui bond subordinati - ovvero sul debito - di Rocca Salimbeni.

«Una banca solida», aveva dichiarato allora aggiungendo che il crollo Mps del titolo in Piazza Affari era solo il frutto di «una reazione eccessiva delle borse che deriva un po' dall'instabilità dei mercati finanziari globali e dal panico creato con l'intervento sulle quattro piccole banche a novembre».

Già, il panico. Come quello scatenato ieri a Venezia.

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