Una stanza al Campus Biomedico di Roma. Fuori, nel salottino, due agenti fissi per controllare le mosse del detenuto Marcello Dell'Utri. La finestra è sempre chiusa, la luce nel vestibolo perennemente accesa, l'ora d'aria si svolge, fra fili pendenti e rumori assordanti, nei locali della centrale che fornisce l'aria condizionata all'ospedale. È una situazione surreale quella in cui si trova l'ex parlamentare, condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e ora ricoverato nella struttura sanitaria per un ciclo di radioterapia.
«Quello di Marcello Dell'Utri è un caso europeo», rilancia in conferenza stampa Amedeo Laboccetta, deputato uscente che con cadenza settimanale va a visitare l'amico. Laboccetta annuncia la nascita di un comitato Pro Dell'Utri «nazionale, apolitico, aperto a tutti, per una battaglia di civiltà». Non ci sono, non ci dovrebbero essere divisioni di tipo politico: «Dell'Utri - insiste Laboccetta - non chiede la grazia, chiede giustizia». L'idea è che il comitato, promosso anche da Massimo Palmizio e Franco Cardiello, semini inquietudine e raccolga adesioni trasversali nel mondo dell'avvocatura, fra i magistrati e gli intellettuali. In Italia, ma anche oltre i nostri confini. E poi si pensa ad «un incontro con il presidente della Repubblica, insieme alla moglie e ai figli dell'ex senatore».
Un programma ambizioso, davanti a una vicenda che non si sblocca. Nelle scorse settimane era parso che un segnale di cambiamento, dopo una raffica di no su tutta la linea, potesse arrivare da Caltanissetta. La Procura generale, a sorpresa, aveva dato parere favorevole alla revisione del caso e si era spinta a chiedere la scarcerazione del detenuto. Ma la Corte d'appello ha respinto l'istanza, anche se resta problematico capire come si possa eludere la sentenza di Strasburgo che ha di fatto cancellato la condanna contro l'ex 007 Bruno Contrada: il verdetto Contrada e quello Dell'Utri sono gemelli. Stesso reato, stesso periodo sul calendario, prima del fatidico 1994, l'anno in cui il concorso esterno è stato codificato dalla Cassazione a sezioni unite, perdendo quella vaghezza e indeterminatezza che secondo la Corte di Strasburgo lo caratterizzava in precedenza.
Non importa. Dell'Utri resta un carcerato. Ci sono volute infinite dispute, in questo caso davanti al tribunale di sorveglianza ai Roma, per spostarlo da Rebibbia al Campus biomedico. E per iniziare finalmente, il 14 febbraio, la radioterapia necessaria per combattere il tumore maligno alla prostata diagnosticato a luglio dell'anno scorso. «Intanto - spiega preoccupata la signora Miranda Ratti, moglie del fondatore di Publitalia - il tumore non curato è diventato ad alto rischio».
Ora si corre ai ripari.
Ma lo si fa fra apparati di sicurezza francamente incomprensibili e costosissimi per lo Stato. Le sedute quotidiane durano quattro minuti, ma la sorveglianza non si allenta mai. Otto agenti si alternano al capezzale del pericoloso malato 24 ore su 24. Come se Dell'Utri fosse un boss di Cosa nostra.
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