Il pacifismo di Obama è ufficialmente in crisi

L'America (più assenteista che pacifista) guidata dal premio Nobel per la pace Barack Obama si trova di fatto coinvolta in ben quattro teatri di possibile guerra

Il pacifismo di Obama è ufficialmente in crisi

L'America (più assenteista che pacifista) guidata dal premio Nobel per la pace Barack Obama si trova di fatto coinvolta in ben quattro teatri di possibile guerra (tre con la Russia e uno con la Cina) ciascuno dei quali è potenzialmente pericoloso quanto lo furono nel secolo scorso le revolverate dell'anarchico Gavrilo Princip che uccisero l'arciduca Ferdinando d'Austria e sua moglie intrappolati in un vicolo cieco di Sarajevo. Questi coinvolgimenti americani sono in parte dettati dai fatti, ed è il caso della Siria, e in parte scatenati da una reazione dei comandi militari (è il caso dello scenario est-europeo) e della marina militare sul piede di guerra in due oceani. Obama non può sottrarsi alla mischia e il suo proclamato pacifismo è in crisi.

Il primo teatro di guerra è ovviamente quello siriano-iracheno: Obama è deciso a portare soldati in carne e ossa là dove li aveva inviati l'odiato George W. Bush, cavandosela con la battuta secondo cui non sbarcheranno « boots on the ground » (truppa con scarponi militari) ma sneakers , agili scarpe da truppe speciali fra cui i Seals e la Delta Force che scalpitano da tempo per entrare nella mischia.

Il secondo scenario di guerra è quello cinese, dopo che il cacciatorpediniere USS Lassen è andato deliberatamente a mostrare cannoni e bandiera a dodici miglia nautiche dalle basi militari poggiate su isole artificiali. La furia degli ammiragli cinesi è esplicita: se dovesse ripetersi, spariamo. Il punto politico della questione è che il presidente ha deciso a sangue freddo di sfidare Pechino in nome del diritto di libera navigazione che nella tradizione anglosassone vale come casus belli .

Il terzo scenario è ancora marittimo, nell'oceano Atlantico dove lo spionaggio della marina americana ha dato l'allarme a causa della inusuale presenza di navi russe lungo i tracciati dei cavi sottomarini che uniscono l'America all'Europa e che portano tutti i dati via Internet, flussi finanziari e commerciali. Il taglio di quei cavi costituirebbe una catastrofe per Europa e Stati Uniti. A detta della Cia, alcune navi russe possono sganciare due piccoli sottomarini armati di cesoie. Questa situazione ha fatto saltare i nervi alla Norvegia che si trova al terminal di molti cavi e che è ossessionata dalla minaccia russa.

E qui arriviamo allo scenario più pericoloso anche se meno rumoroso: quello dell'Est e Nord Europa. Obama, si è pentito di aver fatto ritirare quasi tutti i soldati americani schierati durante la guerra fredda (trecentomila uomini fino al 2000, oggi ridotti a meno di trentamila) e cerca di costituire una armata fantasma con cui intimorire i russi in caso di nuove crisi come quella ucraina.

Portare nuovi uomini e mezzi dall'America costerebbe troppo e il Congresso non autorizzerebbe mai spese del genere in un anno elettorale. E così gli elicotteri Black Hawks che servirebbero in Germania sono negli hangar di Fort Stewart in Georgia. Nel Congresso e nell'opinione pubblica americana è poi sempre più forte il sentimento antieuropeo di chi non vede perché «grassi e ricchi Paesi europei non possono pagarsi la difesa di cui hanno bisogno senza mettere le mani nelle tasche del contribuente americano».

A Hohenfels in Germania il generale Ben Hodges, comandante delle truppe americane in Europa dichiara al New York Times : «Devo farmi prestare gli elicotteri dagli inglesi, la difesa aerea dagli ungheresi, i ponti dai tedeschi». La nuova dottrina della Casa Bianca è dunque convulsa e scatenata su molti tavoli dopo l'impressionante exploit di Putin in Medio Oriente. Il comandante Hodges dice che le prossime partite militari si giocano sulla velocità: «Chi arriva primo, vince. I secondi o si ritirano o devono passare al gioco pesante».

Come se non bastasse, fonti della destra repubblicana sostengono che i russi stanno portando in Siria dei battaglioni cubani, proprio mentre fra l'Avana e Washington si celebra la luna di miele della ritrovata amicizia. C'è chi prevede battaglie fra istruttori americani e truppe d'assalto cubane e sarebbe un grosso guaio.

Gli Stati Uniti sono dunque pervasi da nervosismi e ripensamenti, psicologicamente

sopraffatti dalle azioni militari russe e divisi fra isolazionisti e interventisti. I secondi guadagnando terreno proprio mentre Obama passa da una dottrina di pace ad ogni costo a quella molto più rischiosa della guerra possibile.

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