Chiara Ferragni e le altre webstar italiane faranno meglio a trasferire la propria residenza all'estero se ancora non l'hanno fatto. Ieri la Camera ha approvato un ordine del giorno presentato da Sergio Boccadutri (Pd), durante l'esame del ddl Concorrenza, che impegna il governo a intervenire a livello legislativo «affinché l'attività dei web influencer sia regolata, permettendo ai consumatori di identificare in modo univoco quali interventi su Internet costituiscano sponsorizzazione».
La richiesta, promossa dall'Unione nazionale consumatori, ha ricevuto il parere favorevole dell'esecutivo e così i personaggi con milioni di follower su Facebook, Instagram, YouTube o Twitter, una volta approvato il provvedimento ad hoc, dovranno denunciare che il video o il post sono stati realizzati con il contributo dello sponsor. Una sorta di autoregolamentazione che negli Usa esiste già (ed è questo l'appiglio) attraverso l'uso di hashtag come #ad (pubblicità) e #sponsored (sponsorizzato). Se in America e in Gran Bretagna si tratta di trasparenza, in Italia l'ok governativo è invece interessato. Se il contenuto prevede il pagamento di un corrispettivo, allora l'Agenzia delle Entrate potrà presumere che i redditi del soggetto in questione siano consistenti.
Insomma, è uno stratagemma per aumentare gli incassi del fisco «pescando a strascico» sulle piattaforme social che, però, hanno sede in Paesi terzi e sul loro utilizzo da parte delle aziende. Sempre guardando in casa della fidanzata di Fedez, le entrate vedono il fatturato del blog The Blonde Salad (gestito da Tbs Crew srl che nel 2015 ha fatturato 10 milioni) e quelle della Serendipity srl (linee fashion firmate da Chiara), ma non «vedono» i post pubblicitari di Instagram. Ora hanno un'arma in più e a Chiara (come a Cicciogamer, CutiePie, Sofia Viscardi e altre giovani star) resteranno due strade: o emigrare o creare società estere (ad esempio in Lussemburgo, Irlanda, Olanda, ecc.) per fatturare laddove sia più vantaggioso.
D'altronde, dal piddino Boccadutri (firmatario di emendamenti che hanno salvato i finanziamenti dei partiti, concesso sostegni pubblici al Teatro Eliseo di Roma ed eliminato le monete da 1 e 2 cent dal 2018) ci si può aspettare un po' di tutto.
Ieri, intanto, la Camera ha approvato con 218 voti a favore, 124 contrari e 36 astenuti il ddl Concorrenza, che tornerà al Senato per la quarta e ultima lettura e che, come dichiarato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Finocchiaro, dovrebbe ricevere l'ok definitivo di Palazzo Madama prima della pausa estiva, a oltre due anni dall'emanazione (aprile del 2015). Le modifiche apportate da Montecitorio sono state cinque. La principale riguarda il ritocco alle norme in materia di salvaguardia dei clienti che lasceranno il mercato di maggior tutela che andrà in pensione fra due anni. È stato eliminato il meccanismo delle aste dei clienti che non eserciteranno l'opzione (denunciato dal Giornale sin da febbraio) grazie a una convergenza su emendamenti di Fi (Brunetta), Lega (Allasia), Pd, Mdp e M5s contrarie ai super-rincari che ne sarebbero seguiti e che avrebbero avvantaggiato le utility con meno clienti a livello nazionale e locale come Sorgenia. Mazziotti (Ci) aveva provato a ristabilirle con un emendamento in Aula bocciato da 317 no e solo 17 sì, quelli degli ex montiani e di Ap.
Una sintesi dei rapporti di forza tra Renzi, il centrodestra e le «truppe» del ministro Calenda che ha promesso battaglia. Tra le altre modifiche l'obbligo di arruolare odontoiatri professionisti nelle società odontoiatriche e la reintroduzione del tacito rinnovo per l'Rc Auto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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