Consip, diktat di Orlando e il Csm salva Woodcock

Insabbiato lo scontro tra i pm di Roma e Napoli. Il membro laico Zanettin: così si lavano le mani

Consip, diktat di Orlando e il Csm salva Woodcock

Lo scontro tra le procure di Napoli e Roma sull'inchiesta Consip non finirà davanti al Csm perché secondo l'organo di autogoverno dei magistrati semplicemente «non esiste». Non è bastato il braccio di ferro su una polizia giudiziaria, il Noe di Napoli, sconfessata dai pm romani e messa sotto inchiesta per fughe di notizie e falso, salvo essere riconfermata con piena fiducia dal pm di Napoli Henry John Woodcock. E nemmeno la scoperta di un'informativa che sarebbe stata alterata dal Noe ai danni di Tiziano Renzi e che ha costretto la procura di Roma a verificare il lavoro svolto dal nucleo ecologico dell'Arma. «Fatti gravi», ammette il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, «è pacifico che qualcosa non è andato e non va a Napoli, tanto che Roma indaga», ma non sufficienti per aprire una pratica in prima commissione come richiesto dal membro laico di Forza Italia Pierantonio Zanettin.

L'organo di autogoverno dei magistrati dopo giorni di riflessione e di rinvii «per esaminare i fatti», ieri si è chiamato fuori. Non interverrà nella vicenda per evitare «indebite sovrapposizioni» e «condizionamenti» alle indagini sul presunto falso commesso del capitano del Noe Giampaolo Scafarto, che avrebbe alterato l'intercettazione che coinvolge il padre dell'ex premier. L'ufficiale, che si era avvalso della facoltà di non rispondere, potrebbe essere interrogato la prossima settimana dopo aver depositato la memoria difensiva. Ma l'ipotesi di una pratica disciplinare per incompatibilità è tramontata nella riunione del comitato di presidenza formato dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, il primo presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio e il procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Pasquale Ciccolo. «Vogliamo fornire ai magistrati inquirenti la serenità nello svolgere il loro dovere - ha spiegato Legnini - Questa vicenda mette a rischio la fiducia nella magistratura e vogliamo evitarlo». Un verdetto in linea con il monito del ministro della Giustizia Andrea Orlando che nei giorni scorsi aveva ricordato al Csm che «non ha alcuna facoltà di intervenire», e che semmai spetta «alla Procura generale presso la Cassazione» e al suo ministero. Perché di mezzo c'è il lavoro della polizia giudiziaria, che non è sotto diretto controllo dell'organo che vigila su giudici e pm. E così la questione, almeno quella disciplinare, è chiusa: «Non risulta alcun conflitto tra Procure. Ci riserviamo di intervenire dovessero emergere profili di criticità». Il Csm per scansare le accuse di inerzia si limita a una terza via, meno impattante: una imminente circolare tra procure che detti «indirizzi» in tema di «controllo degli atti coperti da segreto» e di «verifica delle attività svolte dalla polizia giudiziaria». Zanettin ci vede nient'altro che un «pannicello caldo» con cui il Csm si «lava le mani» su un caso che avrebbe richiesto ben altra «sollecitudine».

E ieri il legale di Tiziano Renzi, indagato per traffico di influenze, ha incontrato i pm romani: dopo che l'intercettazione su un presunto incontro tra Renzi senior e l'imprenditore Alfredo Romeo, già in

carcere con l'accusa di corruzione, si è rivelata alterata, «non riteniamo più necessario ascoltare Luigi Marroni (ad di Consip, ndr): non risulta che abbia fatto alcun riferimento a incontri tra il mio assistito e Romeo».

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