Corona non ha ricattato nessuno Caro Napolitano, gli dia la grazia

Contro di lui un accanimento giudiziario. Lo stesso calciatore Trezeguet, sua presunta vittima, ha ammesso di non avere subito estorsioni dal fotografo

Corona non ha ricattato nessuno Caro Napolitano, gli dia la grazia

Non c'è niente di più facile che dimenticarsi di uno che è andato in galera. Il pensiero corrente è questo: se lo hanno messo dentro un motivo ci sarà. Nel caso di Fabrizio Corona, condannato a 13 anni scarsi di prigione per vari reati, non c'è un italiano disposto a credere che egli sia un angioletto. È anche la mia trascurabile opinione. Il fotografo (e manovratore di fotografi) ne ha combinate di ogni colore. Riassumo i capi di imputazione che lo hanno portato in carcere: bancarotta per una fattura falsa (3 anni e 8 mesi), possesso di banconote false per 1.500 euro (1 anno e 6 mesi), corruzione di un agente di custodia per qualche selfie in cella (1 anno e 2 mesi), tentata estorsione al calciatore dell'Inter, Adriano (1 anno e 5 mesi), estorsione allo juventino Trezeguet (5 anni). Totale: 12 anni e 9 mesi, come se Corona avesse abbattuto la Torre di Pisa piena zeppa di turisti, uccidendone almeno una dozzina. Un tipetto di questo genere, presentato con un curriculum così, è pressoché indifendibile.

Il calcolo delle pene che gli sono piovute addosso forse dimostra che siamo di fronte a un criminale incallito, irrecuperabile, maledetto eccetera. La burocrazia giudiziaria è implacabile: tanti delitti hai commesso, tanti anni di detenzione ti meriti, inutile minimizzare. La somma aritmetica porta al succitato risultato. Ma c'è un ma in tutte le cose. E bisogna dire che per il giovanotto di cui stiamo parlando si è un po' esagerato in severità. Quando i giudici ti prendono di mira e applicano la legge con rigore, senza valutare le circostanze e senza esercitare umanamente il loro potere discrezionale, può succedere che un mariuolo venga trattato come un delinquente irrecuperabile. Ma Corona non è tale. Noi che esercitiamo un mestiere simile al suo - mi auguro un po' meglio di lui - siamo consapevoli che egli è solo un cretino e non un malvivente meritevole di marcire in cella.

È il motivo per cui scriviamo il presente articolo. Desideriamo far presente alle autorità, in particolare al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, depositario di un potere enorme, quello di concedere la grazia a chi bisogna concederla, che il nostro collega Fabrizio è stato punito ben oltre le malefatte commesse. Insomma, vorremmo far presente al capo dello Stato che Corona, pur essendo uno stupidotto capace di combinare guai a iosa, non è un farabutto da estromettere dal consorzio civile per 12 anni e 9 mesi. Per l'amor di Dio, presidente, esamini le carte processuali e cerchi di trovare una scappatoia per restituirgli la libertà di cui sicuramente egli saprà fare buon uso in futuro.

Mi spiego meglio, se riesco. Corona dirigeva un pool di fotografi, i quali gli portavano quotidianamente degli scatti interessanti: calciatori che flirtavano con ragazze, giornalisti che baciavano ragazze in locali pubblici o nei paraggi, attori infedeli sorpresi con l'amante. Capito l'antifona? Le corna sono una merce che tira. Colui il quale veniva ritratto in atteggiamenti equivoci, non appena era consapevole di essere stato «incastrato» dal teleobiettivo, si affrettava a telefonare a Corona, pregandolo di non vendere le istantanee malandrine ai giornali di gossip, ma di consegnarle a lui stesso, dietro compenso, s'intende. Scusi, presidente, ma questa secondo lei è un'estorsione o un'opera buona, cioè un contributo alla serenità familiare dei fedifraghi? Chi tradisce la moglie o la fidanzata preferisce pagare il fotografo che ha immortalato il proprio tradimento o andare incontro alle grane provocate dal proprio comportamento di cornificatore? Suvvia, siamo uomini, e donne, di mondo.

L'attività di Fabrizio forse non era eticamente accettabile, ma neppure tanto esecrabile. Costui approfittava delle debolezze dei suoi «clienti» dicendo loro: le foto sono qui, o le acquisti tu o le vendiamo alle riviste specializzate in fughe amorose. Poi trattava sul prezzo, come usa in ogni commercio, e concludeva l'affare: io do a te la prova che sei un porco, e tu dai a me il compenso per la mia prestazione di reporter. Dov'è la concussione? Non c'è. Trattasi di contratto. Do ut des. È un problema di business, non giudiziario. D'altronde lo stesso Trezeguet, presunta vittima del paparazzo, ha ammesso di non essere stato indotto a comprare le foto compromettenti, ma di averle ritirate spontaneamente per una cifra concordata e non imposta dal venditore mediante ricatto. A questo punto è difficile ritenere Corona un concussore. Diciamo che avrebbe dovuto immaginare che prima o poi qualcuno lo avrebbe incastrato, ma è altrettanto vero che siamo di fronte a un reato indimostrabile, cioè a un non reato. Per quanto riguarda gli altri sgarri attribuiti a Fabrizio, vogliamo essere rigidi? Massì, punitelo. Ma 13 anni di galera sono una follia. Occorre rimediare a questo sproposito. Un conto è un assassino, un conto è un briccone.

Caro Napolitano, conceda la grazia a Corona e finiamola con questa storia che scredita la giustizia e penalizza un cretino redimibile, un bravo ragazzo che ha già pagato fin troppo le sue cretinate. Dài Giorgio, fa' il bravo, almeno tu che tanto bravo non sei mai stato, ma lo puoi diventare.

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