Così la democrazia è soltanto un optional

Il premier dei poteri forti si muove come Mussolini

Così la democrazia è soltanto un optional

Nel giorno in cui Matteo Renzi pone la fiducia sulla legge elettorale, qualcuno dovrebbe spiegargli che la democrazia non consiste nel tagliare, ma nel contare le teste; e che già la sua decisione di sostituire i membri della Commissione affari costituzionali che avrebbero votato contro la riforma dell'Italicum con altri che avrebbero votato a favore era stata l'equivalente contemporaneo della medievale consuetudine dei monarchi assoluti di tagliare le teste dei propri oppositori, invece di contarle, prima della nascita dello Stato moderno.

«È stata una violenza al Parlamento» ha detto e continua a dire, a ragione, l'opposizione del Pd, sollevando una questione di principio. Il Parlamento non è una dipendenza del governo, ma il contrario. Che dipendesse dal governo lo pensava Mussolini e abbiamo visto come è andata a finire. Della stessa opinione sono gli italiani che ritengono Renzi il male minore rispetto al passato. Ma Renzi - lo si è visto ancora ieri - è un pericolo per la democrazia perché mostra di non sapere neppure che cosa essa sia e si limita a ritenerla, citando il passato con le sue infinite procedure parlamentari, solo una perdita di tempo. Lo vado scrivendo da tempo e, forse, sono stato spinto fuori dal Corriere proprio per questo. Ci sono troppi italiani, soprattutto fra quelli che contano in questo genere di cose e si aspettano dal governo non il buongoverno, ma solo favori, che, nei confronti di Renzi, hanno lo stesso atteggiamento che avevano avuto i loro predecessori nei confronti di Mussolini nel 1922: lo ritengono un decisore, un uomo d'ordine e mettono la testa sotto la sabbia per non valutare le conseguenze del suo decisionismo. Se mai l'Italia dovesse cadere in una nuova forma di autoritarismo, ne sarebbero i maggiori responsabili...

«Se cade il governo, lo spettro di nuove elezioni...», titolano, lugubremente, i media favorevoli a Renzi. In realtà, Renzi ha ragione di dire che, se non passa la riforma elettorale, il governo cade. La riforma la vuole lui, ed è naturale che, se fosse bocciata, il governo dovrebbe dimettersi e si andrebbe, probabilmente, a nuove elezioni. Ma le elezioni sono una iattura? Lo pensano in troppi, sulla scia di quanto, nel 2011, ha fatto Giorgio Napolitano, allorché Berlusconi perse la maggioranza parlamentare e il presidente della Repubblica, invece di rimandarlo al Parlamento a verificare se ne avesse una di ricambio, sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, in caso contrario; da antico marxista-leninista, si inventò Monti senatore a vita e presidente del Consiglio pur di evitare che fossero gli italiani a scegliersi il nuovo governo. Monti si è rivelato un cattivo presidente del Consiglio - anche lui più attento alle proprie personali fortune europee che al bene del Paese. Ha mandato l'Italia in recessione con una politica fiscale dissennata e favorevole alla Germania, suo eventuale sponsor, rovinando ogni prospettiva di crescita economica e persino se stesso. Il che non gli ha fatto certamente onore né come economista, né come politico.

Non facciamo, quindi, della minaccia renziana di nuove elezioni una regola contro la democrazia. Se cade il governo, se ne fa un altro e non è detto sia peggiore di questo... D'accordo, i governi di coalizione che avevano preceduto Monti, Letta e Renzi - peraltro nessuno dei quali frutto di libere elezioni - erano stati il fardello della nostra democrazia parlamentare e Renzi ha ragione nel voler prospettare una democrazia parlamentare diversa e più efficiente, anche se c'è il sospetto che egli non pensi a una democrazia migliore - per migliorare la quale basterebbe una riforma dei regolamenti parlamentari - ma solo al proprio potere personale.

In definitiva.

La sostituzione dei membri della Commissione affari costituzionali e la successiva imposizione del voto di fiducia non sono state le condizioni necessarie per approvare una legge elettorale migliore, ammesso e non concesso che l'Italicum lo sia, ma un caso, non propriamente esemplare, di autoritarismo mascherato da efficientismo. Che in pochi sinora abbiano denunciato il caso, sollevando una questione di principio, è stato un brutto episodio.

piero.ostellino@ilgiornale.it

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