L'euro non basta più. Nemmeno a un piccolo Stato come l'Estonia che, in teoria, dall'appartenenza all'Ue e alla moneta unica dovrebbe aver tratto giovamento. Il direttore del programma nazionale estone di cittadinanza digitale (e-residency), Kaspar Korjus, ha infatti proposto al governo di emettere una criptovaluta sulla falsariga del bitcoin (da ribattezzare «estcoin») per finanziare ulteriormente la digitalizzazione del Paese baltico.
In Estonia il 97% degli abitanti e il 100% delle scuole sono connessi a Internet e il rapporto con l'amministrazione pubblica (incluso il diritto di voto e il pagamento delle tasse) può essere gestito esclusivamente sulla Rete. Korjus vuole andare oltre e ha ipotizzato un'offerta pubblica di moneta (molto simile ai collocamenti in Borsa delle azioni) da attuarsi mediante emissione di estcoin che consentano al governo di raccogliere liquidità da utilizzare per sviluppare ulteriormente il progetto di digitalizzazione.
Gli estcoin, spiega Korjus, non potranno essere contraffatti né potranno essere utilizzati per attività illegali. Il tutto grazie alla tecnologia blockchain che caratterizza tutte le criptovalute. In pratica, con il proprio denaro si acquista una sequenza di stringhe che riporta l'elenco delle transazioni precedenti e con la quale si possono effettuare una o più transazioni una volta che da altri punti della Rete sia stata riconosciuta la validità dell'acquisto proprio allo scopo di evitare truffe. Un sistema al quale pensa anche il sindaco di Torino, Chiara Appendino, che vorrebbe creare il Torino-coin, ma è la prima volta nell'area euro che a puntare sulla doppia valuta è direttamente uno Stato.
Ciò che conta veramente nella proposta di Korjus, tuttavia, è la necessità dell'Estonia di ampliare la propria massa monetaria (ossia il denaro in circolazione) cercando di attrarre capitali esteri disposti ad acquistare gli estcoin per procedere a nuovi investimenti digitali. È proprio questa l'esigenza che ha decretato negli ultimi anni il successo delle monete complementari e delle monete virtuali. E che oggi spinge il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, a inserire come priorità del programma di centrodestra la creazione di una doppia valuta: una nuova lira da affiancare all'euro per espandere la quantità di moneta circolante nel nostro Paese e aumentare potenzialmente la propensione ai consumi e agli investimenti.
Le monete complementari consentono, infatti, ai loro proprietari di comprare beni e servizi offerti da specifiche comunità. L'obiettivo è quello di stimolare l'economia a livello locale o nazionale. Il più antico esempio è il Wir svizzero, creato a cavallo della grande crisi del '29 per stimolare le imprese a reinvestire i propri capitali. Oggi conta più di 62mila aderenti per un bilancio complessivo di circa 4 miliardi di franchi svizzeri (3,6 miliardi di euro). Lo stesso principio vale per l'Ithaca Hours di Ithaca (Stato di New York) e per il Bristol pound dell'omonima cittadina britannica. Un'esperienza simile al Sardex, un circuito telematico cui si sono iscritte migliaia di partite Iva sarde.
Chi produce o vende beni di interesse per il mercato si iscrive, apre un conto e si fa intestare a debito una quota di valuta pari alle necessità con le quali potrà effettuare spese o investimenti. Se riuscirà a vendere i propri prodotti ad altri, porterà il proprio conto in pari o in attivo. In ogni caso, il risparmio di liquidità sarà notevole. L'euro non basta più: in Estonia come in Italia.
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