Roma - Un calvario decennale causato dalla gestione burocratica dell'Inps. È quello che dal 2008 ha affrontato Antonio Buono, pensionato ottantenne di Foggia che, a dispetto dell'età, non ha perso la voglia di combattere contro ciò che ritiene un'ingiustizia: la restituzione di circa 5.300 euro che l'istituto di previdenza gli ha stornato in tre fasi successive per un errore di calcolo.
Buono, ragioniere ed ex dipendente del Consorzio agrario dauno, si è pensionato nel 1992 e otto anni più tardi ha dovuto fronteggiare un grave lutto: la scomparsa della moglie, ex insegnante elementare, deceduta in seguito a un errore durante un intervento chirurgico. Rimasto vedovo, ha presentato all'Inpdap (l'ente soppresso che erogava gli assegni pensionistici dei dipendenti pubblici) la domanda per ottenere l'assegno di reversibilità.
Tutto sembra procedere nella normalità fino al 2008, data di inizio di questa tragicommedia kafkiana. L'Inpdap inviò a Buono una lettera contestandogli l'indebito percepimento di 2.488 euro. In realtà, arrivarono prima le trattenute sul cedolino della missiva, ma tant'è: in Italia funziona sempre così. Poiché il ragioniere detesta vedersi decurtare l'assegno, optò per il saldo immediato tramite bonifico bancario. «Tutto finito? Neanche per sogno!», racconta Buono evidenziando che l'anno successivo, era il 2009, gli fu recapitata un'altra lettera di addebito da 941 euro. Solita trattenuta seguita dal solito saldo sul conto corrente. Ma le disavventure, purtroppo, non terminarono. Nel 2014 arrivò la terza lettera di contestazione: questa volta la somma indebitamente percepita ammontava a 1.855 euro. Onorato l'impegno con la solita procedura, Buono decise di rivolgersi alla sede foggiana dell'Inps e, dopo varie insistenze, un dirigente gli spiegò malvolentieri che le lettere non vengono spedite a caso e se ne arriva una, qualche colpa il pensionato ce l'ha. Il testardo ragioniere non si diede per vinto e fece esaminare la propria posizione sul casellario scoprendo che l'assegno di reversibilità era stato parametrato al momento del pensionamento nel 1992 e non al 2000.
«Un errore dovuto certamente al pessimo lavoro dei dipendenti, ma anche al mancato controllo dei dirigenti addetti, comunque ho pagato tutto, nonostante la rabbia e il magone!», afferma Buono che ora ha una nuova speranza. La sentenza 482 di quest'anno della Cassazione stabilisce, infatti, che le pensioni possono essere ricalcolate ma «non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita prestazione sia dovuta a dolo dell'interessato».
Il ragioniere foggiano ha deciso, così, di presentare ricorso tramite un'associazione di consumatori sperando nella probabile vittoria. «Meno male che ho conservato tutti i documenti perché dal portale dell'Inps, chissà perché, non riesco a scaricarli più», conclude.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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