Due anni fa Barack Obama lanciò il suo appeasement verso la dittatura di Raúl Castro. Un cambiamento epocale verso un regime sempre più al collasso economico che, però, è servito a poco o nulla se è vero che, dal 2014, sono già stati centomila i cubani ad avere scelto l'esilio. Non accadeva da 35 anni che in tanti rischiassero la vita pur di fuggire dal «paradiso in terra» del comunismo in salsa caraibica. Aumentano anche repressione e arresti di dissidenti. Venerdì è stata arrestata e poi rilasciata l'avvocata statunitense Kimberley Motley che con i dissidenti Gorky Águila e Luis Alberto Mariño (anche loro finiti al gabbio) stavano per iniziare una conferenza stampa su «el Sexto», l'artista dei graffiti finito in un carcere di massima sicurezza subito dopo la morte di Fidel Castro. La sua colpa? Avere scritto «Se fue» («Se n'è andato» in spagnolo) su un muro dell'hotel Habana Libre: a Cuba la lesa maestà si paga cara.
Obama diceva che con l'apertura economica si sarebbe favorito lo sviluppo politico e sociale sull'isola ma è accaduto il contrario. Ecco perché:
1) A Cuba le strutture economica, militare e politica coincidono e formano una superstruttura nelle mani di un'oligarchia che controlla tutto. Dunque, fare affari con questa superstruttura è una cosa, ma è meglio non raccontare la balla che così favoriamo il cambiamento socio-politico a vantaggio del popolo cubano.
2) Raúl Castro non ha seguito il modello di Cina o Vietnam, dove pur mantenendosi dittature è stato accettato il capitalismo, con gran beneficio economico per quei popoli. È di ieri la notizia che L'Avana ha proposto alla Repubblica Ceca di pagarle il suo debito in forniture di rhum. Peccato che dovrebbe inviarne abbastanza da coprire i consumi cechi dei prossimi 130 anni: da Praga hanno chiesto di saldare cash «almeno una parte».
Il 2016 si chiude a Cuba con
uno stipendio minimo di 8,97 dollari, uno medio di 15 dollari mentre il settore privato continua ad essere tartassato (meno di un mese fa c'è stata una forte stretta del regime sui paladares, i ristorantini dei privati).
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