Il declino di Matteo è un dramma shakespeariano

Il declino di Matteo è un dramma shakespeariano

Il «Riccardo II» è un dramma storico che eccita noi studiosi del potere e delle leadership. È un testo sul potere, sulle sue dinamiche, sulla perdita del potere di un sovrano legittimo. Il genio di Shakespeare qui si esalta, si proietta verso terreni allora sconosciuti, e che secoli dopo la psicanalisi scoprirà attraverso lo studio dell'aspetto narcisistico del leader, convinto di essere tale per volere divino. A differenza che in tutti gli altri drammi dove Shakespeare mescola, con somma perizia, situazioni tragiche ad altre comiche, ove mixa l'alto e il basso della società, nel «Riccardo II» il testo è granitico, la lingua alta, la retorica superba. Racconta un personaggio molto complesso, lontano dalle semplificazioni moderne. Chi è il Riccardo II di oggi? Forse Matteo Renzi, il primo e l'ultimo Renzi, quello di oggi in vistoso declino, avviato a una sua umana tragicità?

La mia analisi della situazione politica italiana, avviata a grandi passi verso le elezioni di primavera, si discosta da quella delle élite. Queste sono ferme al giochino con il quale hanno campato fino ad ora: scambiare diritti civili con diritti sociali, ricatto del voto utile, Partito della nazione, europeismo filo Merkel-Macron, trumpismo d'accatto quanto basta, implacabile focalizzazione sul ceo capitalism, globalizzazione selvaggia, sudditanza verso Silicon Valley.

Eppure, le élite non possono non sapere che questo modello porta: a) al rapido degrado del leader e del suo partito; in quattro anni Renzi ha dissipato l'immenso patrimonio di credibilità e di consenso popolare della prima metà del 2014, ora si ritrova un Pd senza alcuna strategia, lacerato, alla ricerca di alleati, ridotto a subire richieste di personaggi fuori tempo come Emma Bonino, piume della politica, ridotte a chiedere strapuntini in cambio di voti che non hanno; b) al suicidio degli alleati di centro che durano fin che sono al potere per poi scomparire alle prime elezioni in una nuvola di cipria: ieri Angelino Alfano, oggi Pier Ferdinando Casini.

Ora vorrebbero cooptare in questo meccanismo, dal quale la sinistra-sinistra del Pd è fuggita, nuovi portatori d'acqua (leggi voti) del centro destra. Se non Matteo Salvini e Giorgia Meloni (puzzano, e non sono fessi), quantomeno Silvio Berlusconi. È iniziata una campagna stampa a suo favore, viene riempito di riconoscimenti postumi (imbarazzante osservare i «giornaloni» cosiddetti progressisti nell'arruffianarsi con il Cav) vendendogli un ruolo in Europa e chissà cos'altro: una successione di furbate. Il Cav avrà pure superato gli 80 anni ma il cervello è intatto, anzi le umiliazioni personali di questi vent'anni lo hanno rinforzato. Noi vecchi, lo posso dire come esperienza personale, con il tempo diventiamo sempre più bravi a separare il grano dal loglio.

Oltretutto non ci sono i «numeri». Nessuna notizia riservata da parte di sondaggisti-mandrake, semplicemente «a pelle» queste sono le mie grossolane valutazioni del peso dei singoli candidati: Renzi 20%; Berlusconi 20%; Salvini/Meloni 20%; M5s 30%; Sinistra-Sinistra 10%. Inutile perdere tempo a fare ipotesi, tutti si sono fatti furbi. L'opzione gradita alle élite sarebbe stata quella Renzi&Berlusconi, ma ci sarebbe un pericolo (mortale): che questa innesti un'alleanza M5s-Sinistra-Lega. L'odio verso le élite è tale che tutto è possibile.

Torniamo al dramma di Shakespeare. Riccardo II nella prima parte del suo regno si comporta da bullo, fa il bello e il cattivo tempo, riesce ad inimicarsi tutti, rinchiudendosi a palazzo con i cortigiani (è un Renzi sputato). Improvviso il declino. La sua discesa viene descritta come un percorso di grande e profonda sofferenza, con una temperatura emotiva sempre alta. Tradito da tutti i suoi fidati, pensa di salvare la pelle abdicando, niente da fare, finirà ai ferri nella Torre di Londra, ove morirà in circostanze misteriose.

Dopo le elezioni capiremo se il parallelo Riccardo II-Renzi era corretto oppure stravagante.

www.riccardoruggeri.eu

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