Matteo Renzi dice che «la sovranità appartiene al popolo e sarà il popolo decidere se la nostra riforma va bene o no», aggiungendo subito dopo «per noi decideranno i cittadini con buona pace di chi ci accusa di autoritarismo». Mancano l'anatema contro il Parlamento, «l'aula sorda e grigia» di mussoliniana memoria, e un balcone di Palazzo Chigi dal quale il capo del governo possa arringare la folla e saremmo a un infausto ricorso storico. Può darsi che lo sproloquio sia piaciuto a qualche nostalgico del Duce, o a qualche grillino in libera uscita, ma è certo che sconcerta chiunque sia dotato di un minimo di senso comune. Ma nelle mani di chi siamo finiti?
Ha sbagliato, dunque, il capo del governo a respingere l'accusa di autoritarismo - che alcuni gli rivolgono - facendosi forte di questa sorta di referendum sul Parlamento e, in fondo, su se stesso. Ha sbagliato perché si è dato una martellata sulla propria credibilità. Nella storia delle dittature, sia di destra sia di sinistra, l'appello al popolo, a giustificazione e legittimazione del proprio volontarismo antidemocratico, l'hanno fatto tutti gli aspiranti dittatori, insofferenti della democrazia rappresentativa e desiderosi di liberarsene. La frase di Renzi non è tanto preoccupante per la sua tracotante minaccia nei confronti degli eventuali oppositori parlamentari, quanto perché rivelatrice di una demagogica insofferenza per il funzionamento della nostra democrazia e per la conseguente propensione a fare a meno del Parlamento, scavalcandolo e rivolgendosi direttamente ad una fantomatica sovranità popolare che, privata dei propri rappresentanti, finirebbe per essere svuotata della sua stessa capacità di governare.
Se Renzi avesse uno straccio di cultura politica, avesse letto la Costituzione, sulla quale ha pur giurato, sapesse che cosa è e come funziona la democrazia moderna, non si sarebbe avventurato in una affermazione che ne rivela non solo l'autoritarismo, ma anche una buona dose di ignoranza. Se avesse letto le poche definizioni reperibili in qualsiasi buon libro che ne parla, si renderebbe conto di essersi espresso a vanvera. È vero che la sovranità appartiene al popolo, ma è anche un fatto indiscutibile che non è il popolo ad esercitarla, ma sono i suoi rappresentanti, liberamente eletti, ad averne l'«esercizio».
La democrazia rappresentativa avrà molti difetti - il principale dei quali è l'abuso che gli eletti dal popolo ne possono fare a danno del popolo stesso, come hanno profeticamente scritto alcuni grandi liberali, da Burke a Constant, da Tocqueville a Einaudi -, ma è anche la sola democrazia che conosciamo e che ha mostrato di funzionare. Se il riformismo di Renzi è tutto qui, c'è ampiamente di che rabbrividire...piero.ostellino@ilgiornale.it
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