E una bufala fa imbufalire le femministe

Frase del tycoon scatena la rivolta sui social. Ma lui non l'ha mai detta...

E una bufala fa imbufalire le femministe

Nell'era delle post verità, che una volta si chiamavano semplicemente balle, delle fake news e delle bufale di ogni ordine e grado basta niente, una frase capita male, un discorso lasciato a metà, il venticello della calunnia per entrare nella realtà virtuale del «non è vero ma ci credo», tanto poi ci pensa la rete a rendere virale, e quindi vera, la falsità sparata ad minchiam, a muovere le genti come mandrie dietro la leggenda metropolitana di giornata. Ed essendo tempi di protagonismo attaccabrighe, chi se ne frega se una cosa è vero o no, l'importante è far casino. Figuriamoci se poi ci mezzo Trump che se non se le va a cercare le trova. Tutta colpa di certo Mike Allen, che in America ha il suo bel seguito, un giornalista politico di Washington che ogni mattina spedisce opinioni, gossip e indiscrezioni assortite alla newsletter Axios, migliaia e migliaia di followers che pendono dai suoi tasti.

Nonostante non gli manchino argomenti, Trump ne combina una al giorno, Allen nella sua ultima uscita si è voluto esibire sull'ossessione, che Trump pare abbia per l'abbigliamento dei propri collaboratori. Gli uomini, scrive «devono indossare colori decisi, portare sempre la cravatta e avere i capelli ben curati». E signore e signorine? «A Trump piace che le sue dipendenti si vestano come donne». Gonna, tacchi alti, pettinatura in ordine. Che se avesse detto invece in burkini sarebbe stata salutata dallo strabico femmismo di oggi come una scelta di libertà. Sia chiaro però: la cosa la pensa Allen. Perchè non esiste frase di Trump o ordine di servizio che certifichi la cosa. Ma, come diceva Anais Nin, non vediamo le cose per come sono ma per come siamo, così che sia vero o no, si scatena in rete la rabbia tragicomivca di migliaia di donne, ferite dalla sola idea che ci si possa vestire da donne.

Ira che si riversa su twitter con l'hashtag #DressLikeAWoman («Vestiti da donna»): tutte a farsi selfie vestite da lavoro, la divisa da poliziotta, il camice da infermiera, il grembiule da cameriera e unite da uno slogan per tutte: «Sono vestita e sono donna. Quindi sono vestita da donna». Trattasi della prima mobilitazione scatenata da una bufala. Le suffragette 2.0 hanno voluto mostrasi coprendosi. Stavolta solo di ridicolo.

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