E per Nardella gli omicidi hanno colori differenti

Parte civile per il senegalese morto. Quando un clandestino uccise un'americana non si mosse

E per Nardella gli omicidi hanno colori differenti

Come si dice: tale padre, tale figlio. E siccome Dario Nardella, sindaco di Firenze, non è altro che il figlio putativo di Matteo Renzi, da lui ha recepito tutto il peggio.

È vero che ha ben altro a cui pensare, dato che si è visto sprofondare il Pd sotto i piedi, ma dopo aver lasciato che una masnada di senegalesi inferociti (aiutati dai centri sociali) mettessero a ferro e fuoco via Tornabuoni seminando il panico al grido di «razzisti!», dopo l'uccisione del loro connazionale, l'ambulante Idy Diene, per mano del folle Roberto Pirrone, Nardella (che si è fatto pure sputare in faccia) ha rilanciato. Il Comune di Firenze si costituirà parte civile contro Pirrone. Un gesto puramente politico della solita sinistra buonista e doppiopesista, che tende la mano alla comunità senegalese fiorentina (che porta voti al Pd), specie all'indomani di una campagna elettorale svoltasi sui temi caldi dell'immigrazione. «Stiamo pensando anche di tenere una cerimonia funebre con una preghiera interreligiosa perché tutti i cittadini della mia comunità meritano rispetto», la sviolinata del violinista Nardella.

Un rispetto che però la comunità senegalese non ha mai dimostrato rispetto al Paese che la ospita. Una comunità che, Nardella si dimentica di ricordare, a Firenze è composta quasi interamente abusivi, che se ne sbattono delle regole e delle leggi.

Il sindaco però non sempre ha dimostrato la stessa sensibilità per tragedie simili. Il 9 gennaio 2016 il senegalese clandestino Tidiane Cheik Diaw, 27 anni, ammazzò la statunitense 35enne Ashley Olsen, conosciuta in un locale. Diaw, scrive il giudice, colpì la donna con «una violenza straordinaria e gratuita», rivelando «un cinismo e una carica di aggressività straordinari».

In quell'occasione la presidente della comunità senegalese a Firenze, Diye Ndiaye, disse che «tutti sanno bene cosa spinge le persone a lasciare i propri Paesi per venire in Italia». Francamente adesso ci sfugge. Ma Nardella quella volta non solo non si costituì parte civile contro Diaw (che non si è mai pentito) condannato a 30 anni di galera, ma anzi, oltre a non proferire parola, si limitò a inviare ai funerali di Ashley una corona di fiori bianchi, senza presentarsi. E osò dire un anno dopo che «è importante che gli studenti americani imparino che Firenze non è la città dello sballo».

Ben altro comportamento contro l'omicida Pirrone.

Come fa notare il sito Osservatore Libero, «per Nardella questo omicidio è un danno d'immagine perché nel mondo si potrebbe pensare che a Firenze gli stranieri possano essere facili vittime della follia omicida dei fiorentini». Ma straniera era anche Ashley. In quel caso, però, non c'era danno d'immagine e la comunità americana preoccupa molto meno di quella senegalese.

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