Il governo di Tripoli influenzato dagli islamisti alza il tiro con l'Europa e soprattutto l'Italia. Se non lo riconosceremo a livello internazionale scateneremo uno tsunami di migranti attraverso il Mediterraneo è il concetto espresso da Jamal Zubia, portavoce del Congresso, l'assemblea libica nella capitale. La velata minaccia parla «di centinaia di migliaia di migranti» usati come bombe umane dal punto di vista sociale ed economico da scagliare verso le nostre coste. Zubia ha parlato con un giornalista del quotidiano inglese Daily Telegraph . Il governo di Tripoli, che ha dichiarato guerra al parlamento di Tobruk riconosciuto dalla comunità internazionale, ma scaduto come mandato elettorale il 20 ottobre sostiene di aver già speso 112 milioni di euro per fronteggiare la crisi dei migranti. Il grosso si imbarca dai porti libici grazie a scafisti senza scrupoli. Quest'anno ne sono arrivati 130mila in Italia, ma i dati dell'Onu indicano un boom di 218.394 migranti solo in ottobre approdati sulle coste europee in tutto il Mediterraneo.
«Ho consigliato molte volte al mio esecutivo di organizzare una flotta di barche e mandarla in Europa» sostiene il rappresentante libico. E aggiunge l'affondo contro Bruxelles: «Non hanno ancora capito che siamo noi a proteggere i cancelli dell'Europa e l'Europa ancora non ci riconosce e né intende farlo. Per cui mi chiedo perché dovremmo fermare i migranti in Libia?». Zubia mette le mani avanti sostenendo che l'operazione non è stata ancora approvata, ma sottolinea che «se non fossimo un paese responsabile avremmo già noleggiato delle barche per mandare i migranti in Europa». Il rappresentante di Tripoli fa presente al Daily Telegraph che «ogni giorno intercettiamo centinaia di migranti. Anche se non abbiamo risorse sufficienti paghiamo i loro viveri ed il servizio medico». Zubia ammette che in Libia ci sono «centinaia di migliaia di migranti» che puntano all'Europa. Sull'ipotesi di mandarli sulle nostre coste con una specie di scafismo di stato conferma: «È una minaccia strategica, che non possiamo escludere di applicare un giorno».
Il colonnello Gheddafi usava i migranti nella stessa maniera. Quando otteneva le prebende richieste all'Europa chiudeva per un po' il flusso dei barconi.
Tripoli vuole a tutti i costi il riconoscimento internazionale dopo aver cacciato dalla capitale il parlamento regolarmente eletto, che si è insediato a Tobruk. La vera posta in gioco è la discussa formazione di un governo di unità nazionale proposta inutilmente dall'inviato dell'Onu in scadenza, Bernardino Leon. I due esecutivi e parlamenti che si fanno la guerra vogliono la fetta più grossa del futuro governo e per questo rispondono a colpi di veti incrociati. Il Congresso di Tripoli, che lancia le minacce di uno tsunami dei migranti, è l'ala politica della coalizione Alba libica composta sia da moderati, che radicali islamici. Il vero potere è in mano alle milizie. Tra lunedì e martedì si sono registrati a Tripoli scontri, dopo il rapimento di Ahmed al Qadar, il ministro della Pianificazione del governo non riconosciuto. A prenderlo in ostaggio ci hanno pensato i «Rivoluzionari di Tripoli». Qadar è accusato di aver sfruttato il nome della brigata rivoluzionaria «per terrorizzare gli impiegati del ministero e mettere le mani sul bilancio del dicastero per scopi personali».
Nel caos libico i servizi segreti algerini hanno informato i partner occidentali, che stanno
arrivando a Derna dall'estero container pieni di armi, forse dalla Turchia. La città libica in Cirenaica è in mano ad Al Qaida. Le armi servono a combattere contro il Califfato, che a Derna è stato sconfitto, ma occupa Sirte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.