«La decisione di chiudere i porti è più che legittima. Il codice della navigazione prevede che per motivi di ordine pubblico possa essere interdetta la navigazione o l'acceso a un porto a una nave straniera. Nel caso di specie si tratterebbe di navi che hanno violato il codice di comportamento e che recano pregiudizio alla sicurezza dello stato costiero. Senza contare i concetti di territorialità e sovranità che, seppur considerati ormai fuori di moda, giustificano ulteriormente una simile decisione». Così l'ammiraglio Paolo Caffio, ufficiale in congedo della Marina Militare, esperto di Diritto Marittimo, giustifica e sottoscrive la decisione del ministro dell'Interno Matteo Salvini d'impedire l'accesso ai porti italiani all'Aquarius, la nave battente bandiera di Gibilterra con a bordo 629 migranti.
Ma la decisione di Salvini ha anche un precedente istituzionale relativamente recente. Il primo a ipotizzare la messa al bando dai nostri porti delle navi cariche di migranti fu il suo predecessore Marco Minniti alla fine di giugno di un anno fa. E in quel caso il premier Paolo Gentiloni appoggiò la richiesta dando mandato al rappresentante presso l'Unione europea, l'ambasciatore Maurizio Massari, di porre formalmente la questione con il Commissario per le migrazioni Dimitris Avrampoulos. «I Paesi Ue la smettano di girare la faccia dall'altra parte, perché questo non è più sostenibile» dichiarò in quell'occasione il premier Paolo Gentiloni. Minniti fu però costretto a fare retromarcia dal ministro delle infrastrutture Graziano Delrio che in qualità di responsabile dei porti oppose il suo veto.
A differenza di un anno fa il nemico dell'Italia non è oggi l'indifferenza dell'Europa quanto l'indisponibilità di Malta ad accogliere i migranti nei suoi porti in barba a tutte regole del diritto marittimo. «Le norme internazionali in base alla Convenzione Solas (Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare) dicono - ricorda ancora l'Ammiraglio Caffio - che l'accoglienza spetta allo stato responsabile della Zona di Soccorso e Salvataggio (Zona Sar). Ma i maltesi non hanno ratificato le modifiche alla convenzione Solas e sulla base di ciò continuano a sostenere che il salvataggio spetti al Paese più vicino. A detta di La Valletta il soccorso non è dunque iniziato nella sua zona Sar, ma vicino alla Libia e quindi in una zona dove i porti più vicini sono quelli della Tunisia o di Lampedusa. Per questo dice: Non venite da me». Malta si difende anche ricordando di non aver sottoscritto le modifiche alla Convenzione Solas e quindi scarica tutto sull'Italia in quanto responsabile attraverso la centrale di Roma dell'avvio e del coordinamento di tutte le operazioni di soccorso.
Ma si tratta di un terreno minato visto che il rifiuto di aprire il porto di Valetta ai 629 migranti avviene proprio mentre la Aquarius transita davanti alle sue acque territoriali. «Qui stiamo parlando di una nave con un certo numero di persone in difficoltà che sta passando nelle immediate prossimità di Malta. Siamo sottolinea ancora l'ammiraglio Caffio - davanti a un'emergenza umanitaria che si configura chiaramente nei pressi di La Valletta.
In questo caso i maltesi non possono votarsi dall'altra parte e dire sì, ma tanto quella nave deve andare verso l'Italia perché può darsi che fino all'arrivo nei nostri porti succeda qualcosa di negativo. Quindi in questo caso si configurerebbe chiaramente una responsabilità maltese».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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