Una prosecuzione della politica dei bonus con i soliti mezzi, cioè una stretta anti-evasione che si traduce in maggiori poteri per l'Agenzia delle Entrate che proprio ieri ha annunciato il nuovo record di recuperi di imposte: 20 miliardi nel 2017. E con la minaccia sempre incombente di un innalzamento delle tasse perché «ce lo chiede l'Europa». In estrema sintesi è questo il programma elettorale del Partito democratico che il segretario Matteo Renzi presenta oggi a Bologna nell'Opificio Golinelli, un esempio di archeologia industriale ristrutturata che fa tanto veltronian style.
Le proposte, messe a punto dagli economisti di fiducia Tommaso Nannicini e Marco Leonardi, ruotano attorno a pochi cardini: il taglio del cuneo fiscale di un punto all'anno (dal 33 al 29% nella legislatura 2018-2023), l'abbassamento dell'Ires e dell'Iri al 20% per le imprese e una pensione di garanzia di 700-800 euro per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995 e che, quindi, potrebbero avere discontinuità contributive. A quest'asse portante si aggiunge la conferma del bonus 80 euro («L'obiettivo è «riuscire a darli anche alla partite Iva che non raggiungono i 26mila euro lordi», ha detto ieri Renzi a Porta a porta), gli 80 euro per ogni figlio fino a 18 anni e nuove «salvaguardie» per estendere l'Ape social.
Per rendere ancor più «di sinistra» il programma è previsto il restringimento a 24 mesi dei contratti a termine (norma saltata in legge di Bilancio), una buonuscita più sostanziosa per i lavoratori temporanei e una razionalizzazione delle provvidenze per le famiglie con figli, dal bonus bebé ai voucher di 400 euro per gli asili nido fino ai libri scolastici gratis. Senza dimenticare l'ultima trovata: un sistema di sussidi per i giovani che vogliono andare a vivere da soli sul «modello Zapatero».
Anche se ieri Renzi ha ribadito che «non ci sono cifre eccezionali o effetti speciali» il costo di questo catalogo elettorale si aggira attorno ai 40 miliardi di euro. Per recuperare questa cifra si ricorrerà un po' al deficit e un po' a un taglio finora imprecisato della spesa pubblica. È lecito sospettare che l'Agenzia delle Entrate, guidata dal renziano Ernesto Maria Ruffini, assumerà un ruolo ancor più decisivo in caso di vittoria elettorale del Pd.
Ieri l'ente ha presentato al premier Paolo Gentiloni e al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, i risultati del 2017. I recuperi si sono attestati a 20,1 miliardi, in aumento del 5,6% sull'anno precedente sul quale influiva la voluntary disclosure. Anche, in questo caso, è stato un condono a far mettere il turbo agli incassi: la rottamazione delle cartelle ha fatto registrare un gettito di 6,5 miliardi (1,5 milioni di contribuenti hanno aderito per 6,3 milioni di cartelle), ma non vanno trascurati gli 1,3 miliardi di incassi diretti (+160% annuo) grazie all'invio delle lettere che segnalano irregolarità. Se il futuro sarà targato Pd, le vaste banche dati delle Entrate consentiranno di incrementare l'attività di pressing bonario che prelude a sanzioni severe.
Padoan ha dichiarato che «si continuerà a tenere il deficit sotto controllo».
Queste parole, rassicuranti nei confronti della sospettosa Commissione Ue, lasciano intendere che la proposta dell'alleata Emma Bonino di tagliare l'aliquota intermedia Iva del 10% per aumentare il gettito non sia poi così campata in aria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.